Fallimento Grecia: potrebbero essere nuove elezioni il passaggio per salvare il paese ellenico? Intanto ci sono da restituire 1,6 miliardi di euro entro 3 settimane. E senza una ulteriore riforma delle pensioni (metĂ dei greci percepisce un assegno previdenziale) l’Europa terrĂ chiusi i rubinetti.
Il fallimento della Grecia, la sua uscita dall’Euro, le conseguenze disastrose sulla stessa Unione, giĂ scossa da ventate di anti-europeismo in tutto il continente, non sono prospettive, purtroppo, piĂą così remote.
E i paesi più deboli, Italia in primis, restano alla porta a guardare cosa succede al loro pericolante vicino di casa.
Le ultime news non sono confortanti: il ministro degli interni ellenico Voutsis ha dichiarato che la Grecia non ha i soldi per restituire le prossime rate del prestito del Fondo Monetario Internazionale (4 rate da versare a giugno, per un totale di 1 miliardo e 600 milioni di Euro). I partner europei sono sempre piĂą insofferenti verso la “strategia” greca e in particolare verso il ministro dell’economia Varoufakis che Atene è stata quasi costretta a “commissariare”. L’incertezza sta portando al ribasso le borse, Milano compresa, e a una live risalita dello spread.
Vedi anche: Cosa succede se la Grecia esce dall’Euro.
Urge un rapido accordo con i creditori
Visti i tempi stretti è ovvio che alla Grecia, per evitare il crack, serve un accordo con i suoi creditori, in primis con l’Fmi. Se non si troverĂ un compromesso entro fine maggio la situazione andrĂ inevitabilmente verso il peggio.
La condizione per la dilazione delle rate e per nuovi aiuti da parte di quella che fino a pochi mesi fa era chiamata la troika è la solita: misure economiche che riducano la spesa, in particolare nelle pensioni e nel pubblico impiego.
Dimissioni e nuovo governo per firmare gli accordi?
Alcuni analisti, come Hugo Dixon di Reuters, avanzano una possibile ipotesi per uno sblocco dell’impasse. Se Syriza non può cedere troppo dal suo programma anti-austerity e se i greci stessi sono, sondaggi alla mano, contrari ad uscire dall’Euro, probabilmente una nuova tornata elettorale potrebbe essere interessante per dare un’idea del sentire e delle volontĂ dell’elettorato.
Annunciare dimissioni e nuove elezioni potrebbe portare ad un accordo–ponte che vanifichi almeno la prospettiva piĂą pesante nell’immediato (e l’immediato è quantificabile in 1-2 settimane): il fallimento. Alle urne poi Tzipras potrebbe presentarsi all’elettorato con in mano un patto europeo da sottoscrivere nel lungo termine: ulteriori riforme, magari dilatate nel tempo, in cambio di respiro economico (leggasi nuovi aiuti o ristrutturazione del debito da pagare con rinegoziazione delle date di pagamento).
Certo lo stesso leader di Syriza Tzipras dovrebbe porsi in posizione forte anche all’interno del suo partito, per di piĂą con l’ala piĂą radicale su posizioni di barricata contro nuove misure di austeritĂ , e chiedendo un mandato elettorale pieno per un tentativo di accordo a lungo termine rispetto nel quale, però, la Grecia stessa dovrebbe essere disposta cedere su ampie parti, pensioni in primis.
Il nodo pensioni
Il costo del sistema pensionistico greco è notevole nonostante le recenti riforme. Uno dei cambiamenti piĂą urgenti chieste da Fmi e Banca Centrale Europea è il taglio di tutte le varie “deroghe” presenti.
L’etĂ pensionabile in Grecia è teoricamente di 65 anni per maschi e femmine. di 67 anni in presenza di meno di 15 anni di contributi. Sussistono però numerose eccezioni e possibilitĂ di prepensionamento: l’etĂ Â media effettiva in cui si va in pensione in Grecia è perciò di 62 anni. Inoltre il sistema soffre per quanto fatto nel passato. Se da una parte i pensionati greci non hanno piĂą la tredicesima però la spesa pensionistica in Grecia è ancora del 16% del totale Pil e il numero dei percettori  di una qualche forma di pensione resta alto, 5,5 milioni di cittadini, quasi la metĂ della popolazione.
Altro punto su cui la Grecia dovrĂ compiere maggiori sforzi è quello dell’elusione fiscale: basti un dato. Una nazione con una flotta marittima importante (si parla del 15-20% di quella mondiale) vede la gran parte degli armatori residente fuori dai suoi confini, principalmente in paradisi fiscali (con conseguente mancato versamento delle imposte).
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