La Crisi ucraina parrebbe a una svolta con l’annuncio di una tregua permanente nell’est del Paese. Ma sul fronte del gas restano aperti i timori per il futuro.
La crisi ucraina stava assumendo contorni sempre più foschi col passare dei giorni. Ma proprio in queste ore è apparsa sul sito della presidenza ucraina una nota che ha annunciato una tregua nell’est Ucraina e l’avvio di un percorso per ristabilire una pace duratura. Il tutto dopo una telefonata intercorsa tra Vladimir Putin e il presidente Poroshenko.
Ecco il tweet di quest’ultimo:
As a result of my telephone conversation with Russian President we reached an agreement on a permanent ceasefire on Donbass.
— Петро Порошенко (@poroshenko) 3 Settembre 2014
Questa sarebbe una buonissima notizia non solo a livello locale ma anche per le aziende italiane, in particolare del comparto alimentare, che stanno subendo i danni maggiori dalle sanzioni affibbiate da Ue, Stati Uniti, Giappone e Australia alla Federazione.
La news arriva alla vigilia del vertice Nato che si terrà il 4-5 settembre in Galles e dove erano previsti ulteriori inasprimenti delle sanzioni per la Russia. Vedremo ora se il cessate il fuoco sarà effettivo, duraturo e se farà cambiare i piani dell’alleanza atlantica.
Ad oggi in Ucraina sono morte 2.600 persone e quasi 350 mila (dati Onu) sono i profughi.
E se il conflitto si allargasse?
La tregua fa ben sperare ma dato che la soluzione negoziale nel recente passato ha già mostrato la sua fragilità restano aperti alcuni timori. Il maggiore è che i problemi che hanno interessato l’Ucraina li possano vivere anche i paesi baltici, la Bielorussia, il Kazakistan e in generale tutte le repubbliche ex sovietiche dove la popolazione è “mista” o dove ci sono importanti porzioni di territorio abitate in maggioranza da russofoni.
Arriva l’inverno: ci saranno problemi per il gas?
Passando al fronte energetico, i problemi potrebbero arrivare per due ragioni. Una diretta: un’improbabile chiusura dei rubinetti da parte della Russia, magari come ritorsione alle perduranti sanzioni occidentali (resta in campo il problema dell’annessione della Crimea, ad esempio, non riconosciuta dalla quasi totalità dei paesi occidentali). Diciamo “improbabile” perché la voce energia è fondamentale per il budget complessivo della stessa Russia.
Una seconda ragione potrebbe essere indiretta. Una possibile chiusura del flusso verso l’Ucraina, che vanta un debito pregresso con la Russia e che è stata in passato spesso accusata di rubare il gas diretto in Europa, potrebbe avere conseguenze anche per altri Paesi.
Il grado di dipendenza italiano dal gas russo
La Russia è un partner strategico, sia a livello di importazioni che di esportazioni. Da lei arriva una fetta importante del nostro fabbisogno energetico, petrolio, carbone e soprattutto gas. Governo ed Eni hanno però più volte sottolineato come anche un calo drastico dei flussi da un singolo paese (Russia compresa, che ci dà circa il 30-35% del gas) sarebbe gestibile. I veri problemi nascerebbero con un calo congiunto da più nazioni e vista l’instabilità dell’area nordafricana è una prospettiva non poi così remota.
A partire dal 2016-2017 le cose dovrebbero migliorare: il gasdotto trans-adriatico collegherà Adriatico e Mar Caspio, partendo dall’Azerbaigian, passando per Turchia, Grecia, Albania e mare Adriatico, arrivando in Puglia. Questa nuova “autostrada energetica” permetterà di ricevere il gas del Caspio, e potenzialmente anche quello del Medio Oriente, bypassando Russia e gasdotti ucraini.
Problemi maggiori per i paesi dell’est
Se dal nostro punto di vista i problemi dovrebbero essere limitati invece ci sono Paesi che dipendono in maniera pressoché assoluta dal gas russo. Lituania, Estonia, Lettonia, Finlandia, ma anche Bulgaria, Repubblica Ceca hanno percentuali elevatissime di dipendenza, anche del 100% (vedi grafico a inizio articolo). E altri Paesi sono dipendenti per la metà e più del loro gas dalla Federazione (Austria, Serbia, Grecia, Turchia, Polonia). In caso di blocco dei rubinetti queste nazioni si troverebbero certamente in grande difficoltà.
L’Unione Europea starebbe comunque pensando ad una sorta di piano B per fronteggiare questa (remota) eventualità. In sostanza il gas mediorientale e nordafricano che ora è importato e in buona parte ri-esportato e per cui l’Europa fa da “rivenditore” sarebbe utilizzato per i consumi interni e per lo stoccaggio di riserva.
Vedi anche: Perché c’è la guerra in Ucraina?
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