La tensione che la situazione siriana sta creando in tutto il mondo, ha avuto ieri mattina, alcune ore di fibrillazione internazionale, quando a seguito di un comunicato proveniente da Mosca che annunciava il lancio di due “oggetti balistici” (missili) da un imprecisato luogo del Mediterraneo in direzione delle coste siriane. Si è immediatamente temuto che l’allargamento del conflitto fosse cosa ormai fatta. Poi, dopo le prime smentite, sono arrivate le dichiarazioni di Usa e Israele, che affermavano trattarsi di un lancio di missili frutto di un’esercitazione congiunta e comunque, non diretti verso il paese in guerra.
Intanto negli Usa, Obama, ha incassato in nottata il si di repubblicani e democratici per il via all’intervento militare. In una dichiarazione alla stampa, ieri il presidente americano si era detto convinto che i deputati del congresso avrebbero la cosa giusta e che avrebbero approvato le misure di ritorsione nei confronti di Assad per aver usato armi chimiche nei confronti di gente inerme. Il si di questa notte prevede un limite di 90 giorni e nessun intervento di truppe terrestri.
Chi non vede l’ora di intervenire e farla pagare al regime siriano è il presidente francese Francois Hollande che, indossato l’elmetto del guerriero, dichiara a chiunque che l’intervento in Siria è cosa sacrosanta. Nelle ultime ore della giornata di ieri però, sembra che anche Hollande sia diventato titubante a agire da solo e auspicava una maggiore partecipazione degli altri partner europei, mentre la maggioranza dei francesi preferirebbe che fosse una decisione presa dal governo a maggioranza, come avvenuto negli Usa.
Anche al Cremlino le cose si muovono e il presidente russo Vladimir Putin non esclude l’appoggio della Russia ad un’operazione militare in Siria, se fosse provata la responsabilità di Damasco nell’uso di armi chimiche e comunque solo a fronte di un’approvazione dell’intervento da parte dell’Onu.
Nella serata di ieri, il Segretario Generale delle Nazioni Unite , Ban Ki-moon ha avvertito, contro il rischio di un’azione ” punitiva ” in Siria , favorendo una soluzione politica al conflitto piuttosto che l’intervento militare , sostenuto da Parigi e Washington.
Nel corso di una conferenza stampa, il capo delle Nazioni Unite ha invitato i fautori dell’intervento a riflettere sull’impatto che un’azione punitiva può avere nell’area e se realmente questa è sufficiente per avere la certezza che la Siria o qualcun altro in futuro non utilizzi armi chimiche. Poi ha ricordato che la Carta delle Nazioni Unite prevede l’ uso legale della forza solo per autodifesa o con l’approvazione del Consiglio di sicurezza – che è ancora bloccato a causa del veto russo e cinese. Ban Ki-moon non ha escluso l’uso di armi chimiche, il 21 agosto a Damasco, non assumendo per buone le “prove” presentate nei giorni scorsi dalla Francia e dagli Stati Uniti e attendendo i risultati del sopralluogo degli ispettori dell’Onu. “Tuttavia – ha detto – se questo fosse provato, sarebbe un crimine terribile di guerra e il Consiglio dovrebbe lavorare insieme per affrontarle.