La crisi in Ucraina si fa di giorno in giorno più complicata, con il paese diviso tra le regioni a maggioranza russa, che vogliono passare alla Federazione Russa, e il resto del paese. Quali sono le cause della guerra? Quali gli scenari futuri?
Il conflitto in Ucraina è uno delle crisi più calde che stanno investendo il mondo. Eppure, come per il caso dell’Iraq, ci è difficile capire realmente cosa stia succedendo. Facciamo un piccolo passo indietro e vediamo perché è proprio la parte orientale dell’Ucraina ad essere interessata da questo conflitto.
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Un po’ di storia
Prima di tutto un po’ di termini di paragone. L’Ucraina è uno stato molto grande, il secondo per estensione in Europa. Per capirci è oltre 2 volte l’Italia. Al suo interno convivono realtà diversificate; se guardiamo su un atlante i dati meramente statistici della demografia possono darci una prima idea di massima: 77,5% di ucraini, 17,2% di russi (che abitano in prevalenza in Crimea e in alcune città dell’est del Paese), 1% di moldavi e rumeni e piccole minoranze di bielorussi, tartari, bulgari, polacchi, armeni, ungheresi.
Restando alla storia più recente: durante la seconda guerra mondiale comparve l’esercito Insurrezionale Ucraino che operava sia contro i tedeschi che contro l’Armata Rossa (fino al 1950) in funzione indipendentistica e si rese responsabile di pulizie etniche antipolacche. I numeri di questo esercito erano però molto limitati, si parla di massimo 100 mila soldati contro i quasi 5 milioni che combatterono nell’Armata Rossa.
Dopo la costituzione dell’Urss alla repubblica socialista di Ucraina fu assegnata anche la Crimea (1954): la penisola era (ed è) di fondamentale importanza in termini strategici protendendosi all’interno del Mar Nero e ospitando basi della marina.
Le origini della crisi in Ucraina
Diventata indipendente nel 1991 all’atto di disfacimento dell’Urss, l’Ucraina è attualmente una repubblica monocamerale (caso quasi unico al mondo). Dopo l’indipendenza come presidenti si sono susseguiti uomini politici considerati “filo russi” o più “filo occidentali”.
Momento di svolta importante fu la cosiddetta rivoluzione “arancione”, un grande moto popolare contro il presidente Yanukovich, filo-russo, che fu accusato di brogli dopo le elezioni del 2004. Lo scontro tra le fazioni di Yanukovich e Yushenko/Timoshenko, a capo di partiti “meno filorussi” (che per un periodo furono a loro volta rivali), si è protratta per un decennio, tra accuse di brogli alle elezioni, manifestazioni, incarcerazioni (della Timoshenko, per abuso di potere), avvelenamenti (di Yushenko, tramite diossina, nel 2004). A fine 2013 l’Ucraina si trovò anche nella condizione di decidere se dare avvio al processo di unione doganale con l’Unione Europea e questa fu una delle micce dell’attuale conflitto.
Si doveva sostanzialmente decidere per un paese proiettato verso l’Europa e l’Occidente o ancora legato alla Russia.
La Russia è anche un grande fornitore di gas all’Ucraina cui nel recente passato lo dava a prezzo fortemente ribassato (è per altro pendente un grande debito pregresso per pagamenti di gas non saldati, altra ragione di scontro, e ricatto, tra Russia e Ucraina).
A fine dicembre 2013 ci fu un accordo tra l’allora presidente Yanukovich e Putin: la Russia si era dichiarata disponibile ad acquistare bond ucraini per 15 miliardi di dollari. Da parte russa si proponeva anche un’unione doganale con Bielorussia e Kazakistan. Inoltre il prezzo del gas fornito sarebbe stato scontato del 33%.
Il mese precedente lo stesso Yanukovich aveva rinunciato all’associazione con l’Unione Europea.
La destituzione di Yanukovich
Rieletto presidente nel febbraio 2010, a novembre 2013, proprio dopo la rinuncia all’unione doganale con la Ue, Yanukovich si trovò contro forti resistenze popolari (poi chiamate “Euromaidan”, letteralmente “PiazzaEuropa”) con l’occupazione di piazza Indipendenza a Kiev. Si protestava anche contro la presunta corruzione della famiglia di Yanukivich che in questi anni si sarebbe molto arricchita.
Le occupazioni del municipio di Kiev, del ministero dell’energia, le sommosse a Leopoli generarono una reazione della polizia, con numerosi morti e la fuga finale dello stesso Yanukovich (il 22 febbraio 2014) non più capace di controllare la situazione.
Si trattò di un “mezzo colpo di stato” anche se poi il parlamento ucraino, privato di molti membri del partito di Yanukivich, avrebbe votato un impeachment, quindi una formale destituzione del presidente stesso, passato nel frattempo in Russia.
La separazione della Crimea
Con la caduta del governo Yanukovich e l’avvio di una transizione del potere verso una leadership meno “filo-russa” la parte orientale del paese, a maggioranza russa, si sollevò. A partire dalla Crimea, fondamentale strategicamente anche perché a Sebastopoli c’è la base della flotta russa del Mar Nero.
La Crimea proclamò un referendum per il 16 marzo e si separò dall’Ucraina entrando nella Federazione Russa. Il rublo divenne moneta ufficiale e si adottò l’orario di Mosca.
Le tensioni autonomistiche nell’est dell’Ucraina
Dopo la separazione della Crimea anche le regioni di Donetsk, Kugabsk e Karlkov, a partire dall’aprile 2014, cominciarono una lotta, ancora in corso, e progressivamente diventata lotta armata, per separarsi dall’Ucraina e venire annesse alla Federazione Russa.
Lo scontro è molto duro, da parte “separatista” si è accusato l’esercito regolare ucraino di crimini contro l’umanità (ad esempio dell’utilizzo di bombe al fosforo a Slaviansk).
Da parte ucraina si è sottolineato la progressiva ingerenza russa nella zona, con invio di carri armati, aiuti militari, se non di truppe regolari russe “infiltrate”. L’episodio più eclatante dello scontro è stato l’abbattimento il 17 luglio del volo Malaysia MH17. Pare che ad abbatterlo sia stato un missile Buk, di fabbricazione russa, probabilmente in mano ai separatisti che avrebbero scambiato l’aereo civile per un mezzo militare ucraino (già il 14 giugno un aereo cargo con 49 militari era stato abbattuto nei pressi di Lugansk).
La capacità militare dei separatisti è notevole e pare abbastanza difficile che si sia costituita senza aiuti esterni. Anche lo scorso 23 luglio due aerei da guerra ucraini sono stati abbattuti sopra Lugansk.
L’ultima miccia: gli aiuti umanitari russi
Il 22 agosto un convoglio di aiuti militari russi formato da 260 camion (che teoricamente portavano acqua, viveri e medicinali) è stato l’ennesimo elemento di frazione tra i due Paesi.
Gli ucraini non avevano dato l’autorizzazione e hanno parlato di “invasione diretta da parte russa”. Si è molto parlato del contenuto dei cassoni dei camion entrati in Ucraina. Pare che la Croce Rossa Internazionale sia riuscita ad ispezionarne una trentina, non riuscendo poi a seguire il convoglio per la limitatezza del grado di sicurezza garantito dalle due fazioni.
Quale futuro per l’Ucraina?
Difficile dirlo. Lo scenario geopolitico è quello che segnala un nuovo raffreddamento dei rapporti tra Est e Ovest. La Russia non è stata invitata al meeting Nato che si terrà in Galles a settembre e che dovrebbe discutere proprio anche della situazione Ucraina.
In giro per il mondo l’insofferenza reciproca si è acuita, anche a causa delle politiche un po’ “ondivaghe” occidentali in alcuni settori strategici (ad es. in Siria, dove prima è stata appoggiata la rivolta anti Assad, salvo poi accorgersi che i “ribelli” erano il famigerato “Isis” che sta combattendo anche in Iraq)
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All’interno della stessa Ucraina la situazione politica è complicata con forti divisioni e storica instabilità. La parte orientale si avvia ad un inserimento di fatto nell’orbita russa.
Difficile immaginare una soluzione che non sia un compromesso tra Ucraina e Russia, unico modo per mantenere l’integrità territoriale ucraina ma con un Paese quanto meno autonomo o terzo rispetto non solo alla Russia ma anche alla Ue e alla Nato. Un compromesso cioè che garantisca alla Russia un epilogo diverso da quanto capitato alla Polonia e agli altri paesi dell’est europeo, ora membri di Nato e Unione Europea.
L’alternativa è una divisione secca del Paese, con la separazione delle zone a maggioranza russa che confluirebbero nella Federazione Russa e una nuova Ucraina più piccola. Di fatto il recupero della Crimea da parte Ucraina pare già oggi impossibile vista la sua importanza a livello militare.
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