In un calcio femminile alla ricerca di uno status professionale non così scontato ci sono casi individuali che fanno pensare, eclatante quello di Irene Lopez
Lasciare il proprio sport e una vita apparentemente invidiabile a causa dello stress. Non sono capricci, ma disagio vero: che si traducono in attacchi di panico, insonnia, ansia. E un senso di insicurezza insopportabile quando si hanno appena venti anni come la calciatrice Irene Lopez.
Chi è Irene Lopez, la predestinata
Il caso di Irene Lopez, splendida e giovanissima calciatrice campionessa del mondo con la Under 17 spagnola, fa discutere. E fa pensare. Irene doveva essere la protagonista assoluta del mondiale Under 20 in programma lo scorso anno in Costa Rica, e poi cancellato a causa della pandemia.
Irene avverte il primo peso di una carriera obbligata a nemmeno 18 anni quando passa dalla leva giovanile alla prima squadra del Madrid CFF.
Dopo una partita di campionato Irene ha un improvviso breakdown nervoso: non ha subito infortuni, non ci sono problemi fisici. Esce dal campo e inizia a singhiozzare: un pianto dirotto che la accompagna fino a casa… “Ho paura”, confida ai suoi genitori. I primi che raccolgono la sua richiesta di aiuto.
Il tunnel della depressione
L’ansia, la depressione, riguardano un quinto abbondante della popolazione mondiale. In particolare nei paesi ricchi, quelli del grande sviluppo industriale. La spesa farmaceutica per curare disturbi della sfera emotiva negli ultimi venti anni è aumentata in modo esponenziale. Eppure ancora oggi la paura di confidare un disagio è grande. Irene ne parla in famiglia: poi come molte sue coetanee trova uno sfogo nei social cui affida il suo pensiero. É il suo modo di esprimersi. La gente le sta vicino, molti capiscono, alcuni le offrono aiuto.
Inizia un periodo molto buio e difficile: Irene, in predicato di passare al Barcellona del pallone d’oro Alexia Putellas comincia a diradare gli allenamenti, a pretendere più tempo per sé. Inizia una lunga terapia con l’appoggio di due specialisti. A settembre un nuovo tentativo di tornare al campo e a quella che doveva essere la sua ‘normalità’. Una vita apparentemente invidiabile, quella di una grande calciatrice professionista. Ma non funziona…
L’addio al calcio
“Chiedo scusa, ma non ce la faccio. Mi dispiace deludere le aspettative di tante persone ma il primo dovere è nei confronti di me stessa e del mio benessere. Amo il calcio. Ma in campo non sto più bene. Troppo stress e troppa ansia. Lascio…” scrive Irene Lopez lanciando un messaggio importante: “Aprendomi sui social ho ricevuto una enormità di messaggi di ragazzi giovanissimi alle prese con i miei stessi problemi. Io ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha appoggiato, dei terapisti preparati. Ma a chi vive il mio stesso tunnel dico, parlate, se necessario urlate, fatevi aiutare. Non restate da soli”.
Irene lascia il calcio femminile e si iscrive all’accademia di arti figurative. Studierà disegno e arte moderna. Forse farà la tatuatrice. Non gioca una partita di calcio ufficiale da più di un anno. Da sei mesi non ha più attacchi di panico e dorme regolarmente. Il suo caso, meno popolare rispetto a quelli di Simone Biles, vittima di abusi sessuali e di aspettative troppo grandi per la sua età dopo l’oro olimpico di ginnastica artistica, e di Naomi Osaka, simbolo delle Olimpiadi di Tokyo schiacciata da ansia e depressione, purtroppo non è un caso isolato.
Genovese, classe 1965, giornalista dal 1984. Vive a Milano da 30 anni. Ha lavorato per Radio (RTL 102.5), TV (dirigendo Eurosport per molti anni), oltre a numerosi siti web, giornali e agenzie. Vanta oltre cinquemila telecronache di eventi sportivi live, si occupa da sempre di sport e di musica, le sue grandi passioni insieme a cinema e libri. Diplomato al conservatorio, autore di narrativa per ragazzi.