Trump e Clinton sono sostanzialmente alla pari nei sondaggi. Una vittoria del miliardario repubblicano è vista da molti come una possibile catastrofe. Ma sarà realmente così?
Le elezioni americane sono ormai alle porte e i due candidati Donald Trump e Hilary Clinton sono appaiati, in un testa a testa certificato anche da svariati sondaggi. In molti stanno tentando di ipotizzare uno scenario che fino a pochi mesi fa sembrava impossibile: cosa potrebbe succedere, in particolare per noi europei, se a vincere le elezioni fosse proprio Trump? La risposta è probabilmente meno catastrofista di quanto si possa pensare e di quanto molti paventano.
Da sicuro sconfitto a trionfatore delle primarie
L’ipotesi di una vittoria di Donald Trump, non solo alle presidenziali, ma alle primarie, era vista con un sorriso: il miliardario era dato come sicuro primo sconfitto, una candidatura quasi farsesca per molti e un fuoco destinato a spegnersi dopo le prime vittorie per altri.
Così non è stato e anzi Trump corre con serie possibilità di vincere alle elezioni. E in quel caso cosa accadrà?
Un rapporto normalizzato con la Russia, e per noi fine dell’embargo
Non sono sconosciuti i rapporti cordiali, fino quasi all’amicizia personale, di Donald Trump con il presidente russo Vladimir Putin. Mentre negli ultimi anni la relazione con l’attuale presidente Barack Obama è stata pessima, in particolare in rapporto alla crisi siriana, con Trump le cose sono opposte. Trump ha avuto a dichiarare che “Putin è un vero leader, molto più di Obama”. Riguardo all’Isis ha anche detto “La Russia vuole sconfiggere l’Isis, mentre noi lo stiamo facendo malamente. Non sarebbe meraviglioso lavorare insieme?”.
E chi, più dell’Europa, potrebbe beneficiare di un rinnovato accordo tra le due ex superpotenze? Verso la Russia vige ancora oggi un duro embargo introdotto nel 2014: la Cgia di Mestre ha cercato di quantificare l’entità della perdita economica per il nostro paese dovuta all’embargo e la cifra è enorme: 3,4 miliardi di mancato export.
Le esportazioni italiane verso la Federazione Russa sono passate da 10,7 miliardi del 2013 a 7,1 miliardi del 2015 con un corposissimo -34%. Le regioni che più ne hanno risentito sono Lombardia, Emilia, Veneto e i settori più interessati quello dei macchinari, dell’abbigliamento, degli autoveicoli, delle calzature e della pelletteria. Se nel 2013 la Russia era l’ottavo nostro mercato per l’export nel 2015 era scesa al 13esimo posto scavalcata anche da Cina e Turchia e persino da un paese tutto sommato piccolo come l’Austria. Si aggiunga anche che l’esportazione verso la Russia solitamente riguardava una fetta di mercato molto interessata al vero made in Italy, cioè intercetta dei compratori e un mercato interessato non a prodotti contraffatti ma all’originale.
Accordo vero per la Siria e piano per il Medio Oriente, conseguenza probabile: meno richiedenti asilo
Due interlocutori che si parlano (e che si stimano) potranno probabilmente arrivare ad un vero accordo per la Siria, non a una delle tante tregue fantoccio che abbiamo visto in questi anni. Una pacificazione in Siria, magari con il contemporaneo abbassamento della minaccia Isis anche in Iraq, significherebbe una diminuzione del flusso di migranti da quelle zone. Siriani, afghani, iracheni sono le tre nazionalità con il più alto numero di richiedenti asilo presenti attualmente in Europa.
Problemi militari da est?
Il programma di Trump prevede un forte disimpegno Usa in politica estera. Il candidato repubblicano ha detto addirittura che il Giappone dovrebbe avere armi nucleari e in sostanza spinge gli alleati europei e asiatici, come la Corea del Sud, ad aumentare la spesa per difendersi da soli. Questo secondo alcuni analisti come Lawrence Summers (segretario al tesoro con Clinton) potrebbe significare maggiore mano libera per Cina (già molto attiva nel Pacifico) e Russia con anche importanti rischi geopolitici.
Da candidato di campagna elettorale a presidente, la differenza
Va però considerato un fatto. Le tantissime sparate elettorali di Trump (ma lo si potrebbe dire di qualsiasi altro candidato) reggerebbero molto poco tempo alla prova concreta del governo. Solitamente anche il più radicale dei candidati si trasforma molto una volta entrato alla Casa Bianca, e questo è già accaduto spesso in passato.
Se ora Trump parla di muro al confine messicano, di dazi doganali ai beni importati dalla Cina, di limitazione dell’immigrazione di musulmani, tutto questo alla prova vera del governo non durerà. Questo significherà per noi avere un presidente sicuramente più isolazionista, meno interventista nei fatti esteri, ma probabilmente non avere affatto quel pericoloso clown (o peggio) che alcuni temono.
Qualcuno sostiene anche che Trump è tanto rapido nella sparata propagandistica e populista quanto velocissimo nel cambiare idea (e nel magari mentire dicendo “non l’avevo mai detto”). Fare colpo su un certo tipo di elettorato è funzionale al raccogliere il voto ma, ancora una volta, poi governare sarà altra cosa.
Vedi anche: Elezioni americane di medio termine 2018, Trump verrà confermato?