Con insider trading, termine inglese, si fa riferimento alla negoziazione di titoli di una determinata società da parte di investitori che per la loro posizione all’interno della società stessa o per l’attività professionale che svolgono sono venuti a conoscenza di informazioni riservate, altrimenti dette informazioni privilegiate. Il possesso di queste informazioni permette di posizionarsi in una situazione di privilegio a scapito di altri investitori. L’insider trading genera quindi una distorsione del mercato ed è perseguito penalmente. La ragione per cui è considerato un reato è evidente: lo sfruttamento di informazioni non ancora di dominio pubblico permette all’insider negoziazioni che modificano i fattori di rischio che gravano sugli altri investitori, alterando non solo la posizione di parità degli operatori economici ma anche la trasparenza dei mercati finanziari. La legge indica quali sono le condizioni che determinano il reato. Chi lo commette è, per esempio, membro di organi di amministrazione, direzione o controllo della società che emette i titoli o ha una quota del capitale della stessa. Oppure riveste un ruolo o una funzione, anche pubblica, che gli permette di accedere alle informazioni riservate per poi sfruttarle a proprio vantaggio. Negli Stati Uniti è perseguito sulla base di una interpretazione data dalla Corte Suprema al Securities Exchange Act del 1934, l’atto normativo in materia di frodi relative alla compravendita di titoli mobiliari. In Italia l’abuso di informazioni privilegiate è punito sulla base del decreto legislativo del 4 febbraio 1998 che ha recepito la normativa europea per contrastare le frodi finanziarie. Tra i tanti scandali che ruotano intorno all’insider trading il più recente riguarda, negli Stati Uniti, gli hedge fund, i fondi speculativi nati in America negli anni Cinquanta, con una inchiesta federale che ha portato all’incriminazione e all’arresto di due manager.
di Redazione economia
21 febbraio 2011