Due modelli contrapposti per salvare l’economia e uscire dalla lunga recessione. Obama ha scelto di aumentare la spesa pubblica, nonostante il debito abbia raggiunto la stratosferica cifra di oltre 16mila miliardi di dollari. L’Europa ha invece puntato sull’austerity, con una politica improntata ai tagli. Ma le manifestazioni che recentemente hanno infiammato il vecchio continente non confermano solo che ĆØ a rischio la coesione sociale. Ma anche che di rigiditĆ e rigore si puĆ² morire.
Da un lato c’ĆØ la ricetta di Barack Obama, che ha scelto, per far uscire dalla recessione gli Stati Uniti, di aumentare la spesa pubblica e di infrangere il tabĆ¹ liberista che vede come BelzebĆ¹ l’intervento dello Stato nell’economia. Dall’altro lato c’ĆØ l’Europa di Maastricht che ha invece deciso di schierarsi a favore di misure particolarmente restrittive. Obama ha salvato la Chrysler pompando soldi pubblici nell’industria dell’auto. Poi ha rilanciato gli interventi per realizzare o ristrutturare infrastrutture: strade, ponti, autostrade, scuole, aeroporti. Opere pubbliche, insomma, per generare occupazione. L’Europa ha scelto la strada di un severissimo rigore dei conti, con duri tagli alla spesa pubblica per far quadrare i bilanci dei Paesi membri. Ma Obama, con la sua politica, ha salvato qualcosa come 3 milioni di posto di lavoro. L’Europa si sta accorgendo che l’austerity non paga. Non sostiene il rilancio dell’economia, non dĆ ossigeno alla industria manifatturiera.
Intervento dello stato per rilanciare lavoro e consumi
Si scontrano cosƬ due visioni nettamente contrapposte. Un confronto che rischia di vedere perdente proprio l’Europa. Oltre l’oceano Atlantico si ĆØ affermata una linea neokeynesiana ispirata, appunto, alle teorie di uno dei padri dell’economia mondiale, John Keynes, che perorava l’intervento dello Stato per rilanciare occupazione e consumi. Negli Usa i repubblicani sostengono l’austeritĆ , i democratici stimoli fiscali agli investimenti, proprio come stanno facendo i Paesi dalle economie emergenti. Lo stesso Fondo monetario internazionale ha sposato in pieno le tesi keynesiane. In realtĆ anche la cara, vecchia, Europa si era giĆ accorta un anno fa del fallimento delle politiche restrittive, quando con un documento riservato ha preso atto del fiasco delle politiche adottate nei confronti della Grecia sull’orlo del crack. La stessa febbre dello spread in realtĆ sarebbe anche un falso allarme. Possibile? L’autorevole Bundesbank, per fare un esempio, ha detto che gli spread non devono essere ridotti, se non si vuole correre il rischio di ritardare il processo di aggiustamento dei Paesi della periferia d’Europa. Strabiliante, vista la politica del massimo rigore invocata da Angela Merkel.
Di troppa austeritĆ si puĆ² morire
Il Fondo monetario internazionale ha addirittura ammesso che molti Paesi, Italia compresa, hanno sbagliato rotta. Il binomio riforme strutturali e austeritĆ rischierebbe solo di aggravare lsituazione. E di troppa austerity si puĆ² morire, come ha testimoniato la fiammata di proteste dilagate in Europa in occasione delle manifestazioni anti-rigore. Obama prosegue con la sua politica di redistribuzione del reddito, attraverso la leva fiscale. L’Europa e l’Italia si ritrovano invece tra le mani una mina pronta ad esplodere con la fine della stabilitĆ sociale. Per molti economisti solo politiche neokeynesiane salveranno il vecchio continente dall’acuirsi delle disuguaglianze, e da misure lacrime e sangue- come quelle imposte alla Grecia – che chiedono troppi, inefficaci, sacrifici. In gioco ci sono il deficit e la crisi dei debiti sovrani. Ma anche i valori – a partire dalla giustizia sociale – su cui ĆØ stata fondata l’Europa.