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Home Economia Economia News

La situazione in Argentina, a un passo da un nuovo crack

Di Natascia Ronchetti
14 Luglio 2021
in Economia News
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Cristina_Kirchner
La situazione economica in Argentina è tutt’altro che rosea. La prima grande manifestazione di protesta in settembre. Un’altra in arrivo. Dopo la bancarotta del 2001 l’Argentina sembra avviata verso un nuovo crack. La fuga di capitali ha superato quota 21 miliardi. L’inflazione galoppa: è arrivata al 30%. Ma la potente presidente Cristina Kirchner tira dritto sulla strada del protezionismo e dell’autarchia, sfidando anche il Fondo monetario internazionale, che le ha posto un ultimatum: dati reali su inflazione e Pil entro dicembre.

 

Per ora Cristina Kirchner si sente in una botte di ferro. Tanto da sfidare persino la sua omonima, Christine Lagarde, ai vertici del Fondo monetario internazionale. Lagarde le ha infatti lanciato un ultimatum: entro il 10 dicembre dovrà fornire i dati reali sul Prodotto interno lordo e sull’inflazione, pena la censura, l’espulsione dal Fmi. Comprensibile tanta severità da parte della Lagarde, visto che per gli analisti – e soprattutto per la popolazione – l’inflazione viaggia a un tasso ben superiore a quello ammesso dall’Istat argentino: 30% reale contro il 10% ufficiale. Tutti indizi della grande paura che porta in piazza la classe media argentina: quella di un nuovo crack, dopo la rovinosa bancarotta del 2001.

Una democrazia ancora fragile

L’Argentina è sempre stata una miscela di populismo e instabilità politica. Mix esplosivo in un Paese che ha affrontato le peggiori dittature militari. E dove la democrazia appare ancora fragile, con un presidente della Repubblica che, dotato di ampi poteri, può di fatto limitare fortemente l’autonomia di istituzioni monetarie come la Banca centrale. Cosa che ha fatto la Kirchner, emanando un provvedimento che restringe drasticamente le possibilità di convertire i pesos, la moneta domestica, in dollari. Per il Governo si tratta del tentativo in extremis di arginare la fuga di capitali all’estero, arrivata nel 2011 a superare i 21 miliardi, con una impennata del 90%. Per la popolazione una vera e propria tragedia, dato che da sempre gli argentini sono abituati a risparmiare in dollari, per mettersi al riparo dalla fragilità della loro valuta.

Il dilagare della protesta

Quanto basta a spiegare le proteste che, dalla capitale, Buenos Aires, dilagano come fiammate in tutte le principali città del Paese, sostenute dal tam tam dei social network, attraverso i quali una middle class impoverita, non più capace di mettere i soldi sotto al materasso, manifesta tutto il suo timore e malessere. Oggi in Argentina esistono due cambi, quello ufficiale e quello del mercato nero, che impazza. Come se non bastasse la popolazione ha paura che la Kirchner forzi la mano usando il controllo sul Congresso per rimuovere i limiti dei mandati presidenziali, e aprirsi così la strada per vincere altre future elezioni e garantirsi il potere fino al 2019. La ricetta fatta di protezionismo, autarchia e politiche monetarie smodatamente espansive – che alimenta l’inflazione e che ha permeato le scelte della Kirchner – ora mostra drammaticamente la corda.

Il sogno infranto

Il sogno del boom economico, con la crescita dell’occupazione, si è insomma già frantumato, come confermano le rumorose manifestazioni dei “cacerolazos” (gli argentini sono tradizionalmente abituati a protestare percuotendo casseruole e coperchi). Ma anche come rileva, sempre più insistente e preoccupata, la comunità economica internazionale. Anche l’iniezione di capitali esteri sotto forma di investimenti, che potrebbero portare l’ossigeno dei dollari o di altre monete forti, oggi è praticamente impossibile. Il governo quest’anno ha nazionalizzato la grande compagnia petrolifera YPF Repsol, con il risultato di generare profonda diffidenza fra gli investitori, che non vogliono rischiare la stessa sorte.
Ironia del destino il Paese continua a pagare dazio al fallimento del 2001, che lo ha escluso dai circoli finanziari internazionali. La Fregata Libertad, nave scuola della marina militare, è stata posta sotto sequestro dalle autorità giudiziarie di Thema, in Ghana. Motivo? Un fondo speculativo statunitense reclama il pagamento dei famigerati tango-bonds. Esatto, proprio quelli che, quando l’Argentina precipitò nella bancarotta, divennero carta straccia e bruciarono i risparmi di migliaia di investitori.
Natascia Ronchetti

Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore

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Comments 12

  1. Gianna says:
    11 anni ago

    Ho letto con attenzione l’articolo e mi complimento con voi. voglio però rispondere al primo post di Simonetta che ci fa osservare come l’Italia ignora i problemi di un paese dove il 50% della popolazione italiana. Simonetta la risposta è semplice, pensi che in avremmo avuto per circa 20 anni Berlusconi premier se gli Italiani avessero maggior cultura o coscienza? Questo è un paese dove ogni regione è uno stato a sè, purtroppo a nessuno frega di nessuno, ma è la cultura italiana purtroppo che vive solo di programmi televisivi da buttare nel cestino e di scadente qualità degli organi di stampa

    Rispondi
  2. Rosy says:
    11 anni ago

    Ho letto l’articolo ed è molto interessante. La cosa che più mi ha colpito sono invece i commenti, questo insolito salotto di economia in rosa. E’ bello vedere donne che affrontano tali argomenti, quando si pensa a le donne in Italia si immaginano solo donne che guardano la moda o l’uncinetto 🙂

    Rispondi
  3. Serenella says:
    11 anni ago

    articolo estremamente interessante, la patria del tango è così ridotta?

    Rispondi
  4. Natascia says:
    11 anni ago

    Simonetta e Caterina: l’aspetto forse più grottesco è che fino a poco tempo fa si parlava di miracolo economico dell’Argentina. Con estrema superficialità, direi, visto che il castello di carta moneta costruito artificialmente sta crollando.

    Rispondi
  5. Glu-fri says:
    11 anni ago

    @Caterina Lucci: sono assolutamente d’accordo con te.

    Rispondi
  6. Caterina Lucci says:
    11 anni ago

    Grazie Simonetta per il chiarimento. L’argomento dalla stampa italiana andava comunque trattato, è normale aspettarsi che un quotidiano economico , anche se oramai la stampa è tutta uguale
    trattasse l’argomento.

    Rispondi
  7. Glu-fri says:
    11 anni ago

    @Caterina Lucci: ma questa volta saranno solo gli argentini a farsi male. Hanno lanciato bond ma non sono cosí compromessi con la finanza internazionale come prima del 2001…In realtá l’inflazione giá fa soffrire una piccola parte della popolazione, quella che non ha appoggi sindacali e vive con stipendi precari che sono rosi dall’inflazione. Ma praticamente non hanno voce.

    Rispondi
  8. Caterina Lucci says:
    11 anni ago

    Si infatti è sorprendente come la stampa italiana non ne abbia parlato, hanno parlato solo della “Fregata” è assurdo trascurare tali argomenti.
    Questa è una mina pronta ad esplodere, e potrebbe fare molto male.

    Rispondi
  9. Glu-fri says:
    11 anni ago

    seguo 3

    Per le classi umili, meno abbienti la politica economica di Cristina, il sui paternalismo con aiuti a pioggia, il discorso populista peronista é corretto e giusto, e la stessa cosa pensa una certa classe media che si definisce progressista e di sinistra.
    Il risultato é una frattura e una divisione sempre piú grande tra chi appoggia il governo e chi no. Anche qui un paese diviso un due.

    Ultima nota, folcklirica, l’abitudine di prendere in mano le casseruola é del 2001. Prima le proteste erano o silenziose come quelle delle Madri di Plaza de Mayo in piena dittatture o con le urla e gli slogan di qualsiasi manifestazione nel mondo.
    Adesso sta diventando quasi un vezzo della classe media, tanto che i detrattori dicono che in realtá a battere le casseruole questi signori ci mandano le donne di servizio…

    Rispondi
  10. Glu-fri says:
    11 anni ago

    seguo 2..

    Ma l’Argentina con questo governo o con altri ha un’arma economica micidiale: la soja, ovviamente OGM, e gli altri cereali di cui il mondo é affamato.
    Finché ci sará fame nel mondo, in questo lato del cono sur ci sará spazio anche per questi governi madestri e confusi, perché in un modo o nell’altro entreranno divise e andranno ad alimentare la classe ricca dei proprietari terrieri che alla fine, seppure con malumore, sono i veri padroni della nazione, e Cristina ne sa qualcosa.
    Quando nel 2008 voleva introdurre tasse sulle esportazioni “il campo” ha paralizzato il paese creando quella volta si una crisi pericolosissima.

    Rispondi
  11. Glu-fri says:
    11 anni ago

    seguo..

    Le istanze di chi protesta sono confuse e vanno dalla sicurezza, problema molto sentito in un paese sempre piú violento, o percepito come tale, al non poter gestore liberamente i dollari ai maggiori controlli fiscali. L’Argentina non é mai uscita dal default tecnicamente, ha pagato i debiti con il FMI, e sta pagando ma a condizioni e tempi diversi da quelli previsti.
    Si é sganciata completamente dal FMI, che d’altra parte é stato l’organismo che implementando le misure estremamente liberali in un contesto permeabile alla corruzione, con un sistema industrile fragilissimo ha portato il paese alla rovina.

    Rispondi
  12. Glu-fri says:
    11 anni ago

    Bell’articolo su un paese che ha quasi il 50% della popolazione di origine italiana e l’Italia ignora completamente.
    Faccio solo alcune precisazioni dato che ci sto vivendo in questo paese che é sempre a metá strada tra l’Europa e l’America latina.
    La classe media che protesta rappresenta un piccola percentuale della popolazione. L’Argentina, benché abbia la classe media piú ampia dell’America del Sud, é pur sempre un paese con grandi differenze sociali e quindi non pensate alla protesta degli indignati spagnoli, dei disoccupati greci, ma alla classe “ricca” del paese che non ama le misure di politica economica del governo.

    Rispondi

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