Sfiniti dai durissimi sacrifici imposti dalla troika, i greci ora invocano la vecchia moneta. Ma quali sarebbero le conseguenze per Atene e per il resto d’Europa se davvero il paese tornasse alla dracma?
Sacrifici così duri, in Europa, non si ricordavano dalla seconda guerra mondiale. Stipendi dei dipendenti pubblici tagliati fino al 40%, pensioni falcidiate, disoccupazione completamente fuori controllo. La pesantissima crisi economica e finanziaria della Grecia e le durissime manovre di risanamento imposte dalla Ue per dirottare aiuti su Atene e tenere a freno i creditori internazionali, per ora un effetto concreto e dirompente lo hanno ottenuto. Sono sempre di più o greci che, sfiniti, invocano un ritorno alla vecchia dracma. Troppo alto, il prezzo da pagare per rimanere nell’Eurozona. Troppo devastante la catastrofe sociale che sta portando la Grecia verso l’abisso. Le manifestazioni di protesta ormai non si contano.
L’assenza di prospettive è una mina pronta ad esplodere
Nei giorni scorsi i dipendenti di tutti i Comuni del Paese hanno occupato per protesta le sedi municipali, stretti nella morsa del crollo del potere d’acquisto e dell’assenza di prospettive, con l’instabilità politica che ha costretto il Paese ad andare alle urne due volte nell’arco di due mesi. Gli sfratti per morosità si sono moltiplicati. Di conseguenza la classe media si è disintegrata. Chi lavora alle dipendenze di imprese private non riceve lo stipendio anche da un anno. La tensione sociale rischia di esplodere, è una mina vagante piena di odio verso le banche, che cercano rifugio per i propri capitali all’estero, e verso una classe politica che per troppo tempo ha taroccato i conti del Paese. Il boom economico di dieci anni fa sopravvive solo nella memoria. E così la popolazione, rassegnata, pensa ormai che in fondo l’addio alla moneta unica sia il minore dei mali.
Pro e contro del ritorno alla dracma
Se da un lato il ritorno alla dracma ridarebbe slancio ai prodotti greci sui mercati internazionali, spingendo le esportazioni, dall’altro lato non sarebbe in grado di irrobustire le fondamenta del Paese, non si allenterebbe lo strangolamento del debito pubblico. Atene per ora sembra decisa a giocarsi il tutto per tutto per rimanere aggrappata alla moneta unica. E continua a trattare con i partner internazionali per accedere a una nuova tranche da aiuti, 31,5 miliardi. Ma il fatto è che sul piatto il ministro delle Finanze Giannis Sturnaras, ha messo un nuovo piano di tagli al bilancio per quasi 12 miliardi, da realizzare tassativamente entro il biennio 2013-2014. Ai rappresentanti della troika con la quale la Grecia sta negoziando la propria salvezza – Unione europea, Bce, Fondo monetario internazionale – Sturnaras ha insomma promesso un’altra manovra lacrime e sangue.
Il colpo di grazia
Innalzamento dell’ età pensionistica, abolizione della tredicesima e della quattordicesima mensilità per gli statali e i pensionati, ulteriore riduzione delle spese ospedaliere, tagli ai sussidi degli invalidi. Quanto basta, forse, a dare il colpo di grazia a un Paese stremato, pensano ora i greci, sempre più lontani da una classe politica e da un Governo la cui stabilità è appesa a un filo. Basterebbe un altro ringhio dei creditori per farla saltare. Resta da capire come sia riuscita la nazione ellenica, che ha un Pil pari a solo il 3% di quello europeo, a mettere in crisi l’Eurozona. Dove, a dispetto delle belle parole, sono sempre di più coloro – a partire dai tedeschi – che segretamente pensano che non sarebbe, in fondo, una grande tragedia abbandonare Atene. Infischiandosene anche dei mercati finanziari, da tempo ostaggio della crisi dei debiti sovrani.
Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore