Per ora non รจ un caso Lehman Brothers. O almeno รจ forse presto per dirlo. Certo รจ che la grande finanza americana sembra non aver imparato la lezione. JP Morgan, potente banca d’affari statunitense, avrebbe bruciato sette miliardi di dollari con le sue ormai celebri – e spregiudicate – operazioni di trading sui derivati, operazioni condotte sulla piazza di Londra. Un disastro che spaventa i mercati, dove รจ riapparso lo spauracchio di un nuovo colossale crack. Quello che mise in ginocchio nel 2008 Lehman Brothers fu di fatto il detonare che fece scoppiare la crisi economica mondiale. E la nuova tempesta porta a galla, insieme all’incubo di un default, l’amara consapevolezza che la storia sembra ripetersi quasi compulsivamente. Operazioni ad altissimo rischio, scarsa trasparenza. Quanto basta a intossicare i mercati. Nei giorni scorsi l’autorevole Financial Times, il quotidiano della City, ha fatto una stima del controvalore nominale del portafoglio dei titoli a rischio detenuti dalla banca d’affari. L’istituto avrebbe in pancia titoli potenzialmente tossici per qualcosa come 100 miliardi di dollari. Numeri da far tremare i polsi. Ma il fatto รจ che l’insieme dei titoli a bilancio della JP Morgan comprenderebbe diversi prodotti strutturati unitamente a svariati Asset backed Securities, coperti da garanzie considerate a rischio. Cosa che ci catapulta nuovamente a quattro anni fa, quando questi prodotti finanziari divennero tristemente famosi per essere i micidiali portatori della recessione mondiale: i collaterali dei Securities altro non erano infatti che i famigerati mutui subprime, mutui a fortissimo rischio di insolvenza dei quali le banche americane avevano imbottito il mercato immobiliare degli States, finendo a gambe all’aria con con una catena di insolvenze e generando l’effetto domino che si รจ poi abbattuto sull’economia reale. Per ora si sa che il disastro รจ ben superiore alle attese – il Ceo di JP Morgan James Dimon aveva annunciato perdite semestrali per 800 milioni – e anche alle stime effettuate dallo stesso istituto. E si sa anche che Irvin Goldman, cioรจ colui che supervisionava le attivitร di trading sui titoli a rischio, รจ un recidivo. Sarebbe giร passato attraverso un licenziamento per scommesse rischiose. Il Comitato di Basilea ha tentato di mettere in salvo gli istituti di credito dal rischio di default con un accordo sulla vigilanza bancaria che impone una maggiore patrimonializzazione. Che tradotto significa: piรน accantonamenti, contrazione degli impieghi, quindi riduzione dell’erogazione di credito. Doveroso per mettere al sicuro anche i risparmiatori, certo. Ma ancora una volta il conto lo pagano imprese e famiglie. Un’altra bufera in arrivo? L’interrogativo oggi riguarda i potenziali pericoli a cui potrebbe andare incontro il colosso bancario americano. Nessuno dimentica le indiscrezioni che, due anni fa, avevano sollevato il velo sulle operazioni della banca d’affari Usa sul mercato immobiliare inglese, con l’acquisto di quasi la metร delle Residential mortgage backed securities ( i cosiddetti derivati coperti dai mutui contratti dai cittadini della Gran Bretagna), poi collocate sul mercato per la bellezza di 13 miliardi di sterline. E ora le fondamenta della banca scricchiolano. E per ora a Wall Street, con il titolo in picchiata, l’istituto ha bruciato 30 miliardi di capitalizzazione.
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