La Bce e le banche nazionali immettono 60 miliardi di Euro  nell’economia al mese acquistando titoli pubblici (e non solo). Questo dovrebbe portare più facile accesso al credito e allontanamento dello spettro deflazione.
Draghi e Bce hanno annunciato un piano di acquisto da 60 miliardi di Euro al mese per un anno e mezzo (e oltre, se servirà ). Vediamo precisamente di cosa si tratta e sopratutto quali implicazioni dirette potrà avere per le nostre tasche.
Cosa’è il quantitative easing?
Avrete sentito o letto certamente questa espressione inglese. Cosa significa? Letteralmente vuol dire “alleggerimento quantitativo”. Si tratta del piano di investimenti che sta facendo la Bce (ma in realtà lo faranno in massima percentuale le banche centrali nazionali, poi spieghiamo meglio) acquistando titoli di debito pubblico e titoli privati delle banche, al fine di immettere denaro fresco nell’economia e di sostenere i bassi tassi di interesse dei debiti pubblici nazionali.
Altro scopo è quello di far crescere l’inflazione portandola verso il tasso auspicato dell’1,5-2%.
Spieghiamo per bene: i titoli di debito pubblico sono quelli con cui gli stati si sovvenzionano (pagano cioè pensioni, stipendi di dipendenti pubblici ecc.). Ovviamente, essendo sostanzialmente dei “prestiti“, poi i soldi ricevuti dai risparmiatori (privati, banche, investitori) andranno restituiti con un interesse. Attualmente i tassi sono abbastanza “bassi”, o comunque la forchetta tra i tassi nostri e quelli tedeschi di riferimento (il famoso spread) non è elevatissimo. Ma ci sono stati periodi, anche poco tempo fa, in cui i tassi erano molto alti e questo metteva in pericolo tutta l’economia.
I titoli di stato possono chiaramente essere rivenduti anche prima della scadenza e solitamente finiscono nelle mani delle banche. Ma ora sarà direttamente la Bce (anzi la Bce per il 20% e le banche nazionali per l’80%) a comprarli.
Facendo un esempio concreto: compro un titolo di stato italiano, lo rivendo prima della scadenza, la Bce se lo ricompra “alleggerendo” la banca dall’avere in porfolio titoli fermi. La banca si ritrova più “soldi” freschi che potrà prestare e immettere nell’economia reale.
Più prestiti a privati e imprese, più inflazione
Un intervento così forte dovrebbe dunque corrispondere a maggiore liquidità degli istituti bancari che a loro volta dovrebbero essere spinti a togliere i lacci che fermano il credito. E l’accesso al credito bancario è uno degli enormi problemi di questo periodo di crisi: i tempi di pagamento lunghissimi (anche delle pubbliche amministrazioni), i numerosi clienti che non saldano e in contemporanea le banche che non allargano il credito a breve termine sono la tremenda spirale che porta alla sofferenza molte aziende anche potenzialmente “in salute”.
Anche se la Bce non stamperà direttamente più moneta ma acquistando cifre così alte di titoli sul mercato secondario (quello dei privati o degli investitori che rivendono i titoli acquistati) di fatto immetterà moneta nel circuito economico.
Più moneta circolante corrisponde di solito a rialzo dei prezzi e deprezzamento della moneta stessa: entrambe le cose non sono negative visto che l’Euro era molto apprezzato rispetto al dollaro e visto che l’Europa è vicinissima alla deflazione (e coi prezzi che continuamente calano i consumatori rimandano gli acquisti sperando in cali ulteriori nell’immediato futuro).
Rischio condiviso
Due possibili problemi: qualche analista dice che l’intervento della Bce è ancora limitato, corrisponde a circa il 6-7% del Pil Europeo.
Inoltre si sostiene che in realtà la Bce si accolla una piccola parte di questi acquisti di titoli (il 20%) lasciando alle banche centrali locali il massimo del rischio (l’80%). Questo significa che i titoli in realtà sono ricomprati in larga parte dalle banche centrali dei paesi che emettono titoli. Dunque si produrrebbe sostanzialmente nuovo “debito mascherato”.
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