Ventiquattro civili sono stati uccisi ieri in Siria dalle forze fedeli al regime di Damasco, dieci dei quali dopo la preghiera della sera in occasione del primo giorno di Ramadan: lo ha affermato Rami Abdel Rahmane, capo dell’Osservatorio siriano per i diritti dell’Uomo. Una notizia che arriva mentre la comunità internazionale non ha ancora deciso le misure da adottare per fermare il massacro da parte del regime di Damasco. Si è conclusa infatti senza risultati concreti la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, convocata d’urgenza dopo le ultime drammatiche notizie provenienti dalla Siria.
Europei ed americani hanno provato a negoziare un accordo per una dura condanna del regime di Bashar al Assad, responsabile della sanguinosa repressione delle manifestazioni di protesta nel paese che ha fatto circa 150 morti negli ultimi due giorni. Durante le discussioni a porte chiuse, un alto responsabile dell’Onu ha detto che in Siria si contano anche 3.000 scomparsi e circa 12.000 persone imprigionate.
Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo, sostenuti dagli Stati Uniti, hanno fatto pressioni per l’adozione di una risoluzione di condanna della repressione siriana: su questa base i lavori potrebbero riprendere già oggi. Ma alcuni diplomatici hanno tuttavia indicato come molto più probabile un’intesa al Consiglio di sicurezza su una semplice dichiarazione, non costrittiva. La Russia e la Cina, due dei cinque membri permanenti del Consiglio, infatti hanno già minacciato di opporre il loro veto a un progetto di risoluzione, sostenute da Brasile,India e Sudafrica.