Impossibile fermare un’armata di donne che sale da piazza XX settembre per invadere il cuore di Bologna, piazza Maggiore. Ci sono nonne con i nipotini in braccio, mamme con i bambini nei passeggini. Giovani studentesse universitarie. Determinate e tenaci danno uno sguardo alla piazza. “Siamo 50mila”, dicono. Prima è un sussurro, un veloce passaparola, poi un coro gioioso. E i tanti uomini che pure sono al loro fianco – padri, mariti, compagni, amici, fratelli – se ne stanno in disparte, nelle retrovie. Perchè il 13 di febbraio, il giorno della grande mobilitazione internazionale a difesa della dignità femminile, anche a Bologna è ormai chiaro a tutti che lo spartiacque è tracciato, che sono le donne a fare davvero la differenza, a candidarsi a cambiare il Paese.
I modelli a cui tante si ispirano sono Rita Levi Montalcini o Margherita Hack, di cui viene letto un messaggio. Due scienziate: esempi luminosi, ti dicono, di donne che hanno saputo imporsi, e raggiungere grandi obiettivi, basandosi sullo studio e sul talento, non sulla mercificazione di corpo, bellezza, giovinezza. Ecco Marzia, che al suo bambino di 5 mesi vuole insegnare prima di tutto il rispetto delle donne. E poi Anna, che dedica la manifestazione alla nipotina, per la quale chiede un Paese nel quale la rappresentanza, la carriera, il lavoro, i successi siano figli del merito e dell’impegno non della prodigalità sessista del potente (maschio) di turno Nel corteo prima, nell’adunata in piazza dopo, si rincorrono gli slogan, tra ironia e musica: “Donne unite compatte e solidali, mandiamo a casa questi maiali”, “Indignate a tempo indeterminato”, “Non siamo escort, non siamo madonne, siamo orgogliose di essere donne”. Due ragazze di 25 anni spiegano che “noi studiamo e lavoriamo, ci piace moltissimo questa manifestazione, dove si mescolano operai e studenti”. Vero. Le facce sono quelle di donne che lavorano, studiano. Si confondono scarpe con il tacco e ballerine, abiti eleganti e jeans, docenti universitarie e commesse, operaie e impiegate. Sorridono dispiegando tutta la loro forza. “Adesso – gridano in coro – siamo noi la maggioranza”. E già sanno che questo è solo l’inizio di una nuova fase, che stanno tracciando un cammino destinato ad essere inarrestabile. Il prossimo appuntamento è per l’8 marzo, un’altra tappa. “Non perdiamoci di vista”, dice Katia Graziosi, dell’Unione donne italiane, mentre verso sera la piazza comincia a svuotarsi, mentre rimbalzano da Roma e da Milano i primi dati sull’affluenza alle manifestazioni organizzate un po’ in tutto il Paese e all’estero. “Qualcuno si aspettava un flop? Non io – dice Luciana, avvocato, 52 anni -. Abbiamo appena cominciato a mostrare i muscoli”. Ed è chiaro che non è un avvertimento. E’ una promessa.
da Bologna Natascia Ronchetti
14 febbraio 2011
Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore