La politica mantiene alto il dibattito sulla giustizia. Da più parti si chiede una riforma che risponda alle esigenze dei cittadini ed alle necessità delle imprese.
Ma la riforma di cui si parla è davvero necessaria?
Nel tempo, abbiamo verificato che ogni volta che si è realizzata una riforma della giustizia si è assistito a tempi lunghissimi per la sua applicazione. L’inserimento di nuove procedure e meccanismi hanno ingenerato solo maggiori costi per tutti. Molti dubbi si sono risolti in alcuni casi (vedi processo societario) con l’abrogazione successiva della stessa norma riformatrice.
Ormai tra gli operatori è invalsa l’idea che più che di riforma si dovrebbe parlare di riorganizzazione della giustizia, di semplificazione della stessa, di digitalizzazione di tutti i supporti, di ingegnerizzazione dei processi produttivi; i numeri di cui si parla richiedono una gestione imprenditoriale e, quindi non più politica della vicenda.
La giustizia penale è chiamata ad affrontare 3.290.000 giudizi pendenti al 30.06.2010, quella civile 5.600.000 circa, alla stessa data; complessivamente,circa 10 milioni di processi con una durata media per il primo grado di giudizio di 400 giorni per il penale e di 456 giorni nel civile per l’anno 2009.
Di fronte a tali evidenze occorre quindi una gestione imprenditoriale della giustizia che sia resa più semplice e meno costosa cominciando dall’affiancamento del Presidente di un Tribunale di un capace Direttore Amministrativo.
L’inserimento su tutto il territorio del processo telematico risulta non più procrastinabile se si vogliono gestire questi numeri e se si considera che un magistrato veramente impegnato produce 20 sentenze al mese e che il numero dei magistrati in Italia è di circa 9200.
L’inserimento dell’udienza in video conferenza, della verbalizzazione con riconoscimento vocale, le notificazioni con posta elettronica certificata porterebbero a notevoli risparmi aumentando anche la qualità di vita di molti ed eliminando molte aule di giustizia non più necessarie. Addio alle frenetiche e affannose corse per la ricerca del posteggio nella vicinanza dei tribunali.
Giustizia anche più semplice con l’abrogazione di tanti riti e cioè le modalità con cui un processo deve essere portato avanti, spesso solo di stile e davvero inutili.
L’ingegnerizzazione richiederebbe l’unificazione di tutti i riti con la permanenza nel settore civile di un rito sommario, ordinario, camerale il resto è aria fritta (ricordiamoci del rito societario e dei costi che questo ha rappresentato al suo esordio, con studi conferenze dibattiti, libri giurisprudenza delirante, il tutto conclusosi con l’abrogazione dello stesso).
Un rito processuale deve essere diversamente, facile, snello, elastico e soprattutto collaudato e cioè la giurisprudenza deve essere riuscita a trovare sullo stesso degli orientamenti concordi, per riconquistare una sufficiente certezza del diritto, cosa che oggi possiamo riscontrare nel rito lavoro
Occorre, però, per realizzare tutto ciò una persona forte e capace, svincolata da equilibri di potere che sia in grado di affrontare il problema giustizia quale punto di partenza per ridare efficienza e competitività alla nostra nazione.
Quindi, una gestione della giustizia da parte della politica potrà anche permanere, purché la politica rimanga e si esprima con il suo più aulico significato di arte del governare e non si trasformi in un mero esercizio di potere.
Franco Carlini
9 maggio 2011