Ieri, dopo l’imponente corteo che ha visto sfilare una folla enorme, tra uno e due milioni di persone, pacifica, e che invocava a gran voce le dimissioni del rais, il presidente Mubarak ha fatto l’ennesimo discorso alla nazione, in cui rassicurava tutti che il prossimo settembre non si ricandiderà . La notizia non è stata affatto gradita dai manifestanti che, forti anche dell’appoggio dell’esercito e degli alti comandi militari, chiedono le dimissioni immediate di Mubarak. Sulla stessa linea si è posto anche il presidente Usa Obama che, in un breve discorso di questa notte, ora italiana, ha chiesto che il ricambio del potere in Egitto sia pacifico, democratico e immediato. Non un’imposizione, ma un fermo consiglio. Dura, invece, la reazione di Mohammed El Baradei, premio nobel e tra i possibili candidati alla successione a Mubarak, che ha definito la parole del raìs una «presa in giro» del popolo: Mubarak, ha detto il leader dell’opposizione, «non ascolta la voce del popolo» e la modifica della Costituzione è una «presa in giro». Intanto è prevista un’altra grande manifestazione per venerdì prossimo. Ma il “vento di Tunisi” non si ferma all’Egitto, ieri anche il presidente dello Yemen, al potere da 32 anni, dopo imponenti manifestazioni di piazza, ha annunciato che non apporterà modifiche alla costituzione per estendere il suo mandato e non passerà il potere al figlio. Il presidente yemenita ha anche annunciato il rinvio delle elezioni legislative, previste per il 27 aprile, ma che l’opposizione contestava in assenza di una riforma politica. L’opposizione ha convocato per il 3 febbraio una ‘Giornata della collera’, sul modello adottato nelle proteste in Egitto, con una grande manifestazione per chiedere la fine del dominio di Saleh, al potere da 32 anni. Poche ore prima dell’annuncio del presidente yemenita, il re di Giordania Abdallah II aveva nominato un nuovo primo ministro, Marouf Bakhit, al posto di Samir Rifai, per calmare la popolazione. Una mossa strategica per anticipare gli eventi nel timore di un contagio delle proteste popolari anche in Giordania. Infine la Siria. Anche Damasco si prepara a una grande manifestazione di protesta contro il regime del presidente Bashar Al-Assad. Il Middle East Media Research Institute (MEMRI) ha fatto sapere che decine di gruppi di opposizione hanno iniziato a mobilitarsi su Facebook e Twitter per organizzare manifestazioni di protesta a Damasco e in tutte le altre maggiori città domenica prossima. Chiedono maggiore libertà , migliori condizioni di vita e più attenzioni per i diritti umani.
2 febbraio 2011
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