Costituiscono il 52,6% della popolazione milanese e per il 13% sono immigrate, dato superiore alla media nazionale e di altre aree metropolitane. Sono poco feconde, con circa 1,3 bambini per donna; diventano madri sempre più tardi, mediamente a 33 anni. Potendo scegliere privilegiano il parto naturale (29%, di un punto percentuale in meno alla media nazionale) e sembrano avere maggiore consapevolezza del percorso della maternità o di prevenzione dello stesso: le interruzioni volontarie di gravidanza nel capoluogo milanese, problematica tutta al femminile, hanno conosciuto una riduzione del 40% dal 2003 al 2008.
Sono più longeve (84,5 anni contro i 78 degli uomini), forse grazie a una maggiore attenzione alla prevenzione e propensione alla cura (basti citare la periodicità di screening mammografici, pap test o le recenti campagne di vaccinazione contro il Papilloma Virus); e tuttavia il tasso di mortalità delle donne milanesi è superiore a quello nazionale (10,16 contro il 9,53); accusano nel corso della vita più ricorrenti fenomeni di disagio o depressione: nel 2007 circa il 63% di quanti hanno usufruito di prestazioni psichiatriche era costituito da donne; sempre di genere femminile quante nel 2009 hanno richiesto in città consulenze di tipo psicologico, l’80%.
Sono questi alcuni dei dati raccolti e sistematizzati nell’indagine di MeglioMilano “La Città delle Donne”, presentata oggi presso la sede di Confcommercio a Milano. In apertura Simonpaolo Buongiardino, presidente di MeglioMilano: “Nel progettare e presentare lo studio, MeglioMilano ha inteso rinnovare la propria missione di “conoscere per intervenire” e avviare, se possibile con la collaborazione di Enti e soggetti territoriali, nuove progettualità sperimentali legate al miglioramento della qualità della vita, che in nulla prescinde dall’importanza del ruolo sociale della figura femminile”.
Scorrendo l’analisi, si apprende che il 15,5% delle donne milanesi possiede una laurea, contro una media nazionale del 7,4%, e merita votazioni migliori dei colleghi uomini: il 46% delle laureate nel 2008 ha ottenuto infatti un voto di laurea tra il 106 e il 110 e lode. Gli sbocchi occupazionali le vedono maggiormente impegnate nei settori terziario, tessile, assistenziale o amministrativo, tanto da raggiungere nella provincia di Milano un tasso di occupazione pari al 61%, e nel comune del 64%, percentuali superiori al 60% raccomandato dalle “Strategie di Lisbona” per la coesione sociale nei paesi europei. In questo, Milano è seconda solo a Bologna (66%) e distanzia la media nazionale (47%) di oltre quindici punti. La componente femminile straniera è prevalentemente dedita a lavori di aiuto domestico, donne che aiutano altre donne: l’85% del personale straniero iscritto all’INPS è rappresentato da genere femminile, solitamente impegnato nell’accudimento di minori e/o anziani non autosufficienti.
Segnale negativo per le donne è costituito dal reddito, decisamente ridotto rispetto al genere opposto: a Milano il divario, a parità di inquadramento e funzione, è del 34,1%, contro una media nazionale del 32,7%. È possibile interpretare l’alto tasso di occupazione con la ridotta remuneratività dell’impegno lavorativo per gli impegni familiari che non sempre consentono di ricorrere ad aiuti esterni e che quindi determinano scelte lavorative flessibili, a tempo parziale o di fruizione di congedi parentali di varia natura o entità. Il divario di genere aumenta con l’avanzare dell’ètà: dai 30 ai 59 anni, infatti, la retribuzione media delle donne cresce appena del 17,6% contro il 48,4% degli uomini. A questo proposito, si segnala che le famiglie monogenitoriali milanesi (che implicano la cura di uno o più figli) sono costituite per l’80% da capofamiglia donna, dato l’elevato tasso di divorzi che nel Nord Italia è in aumento, del 12% dal 2004 al 2007. Un aiuto a tale problematica è rappresentato dagli oltre 8.300 posti negli asili nido, a fronte di circa 8.700 richieste, dato che colloca Milano, con una copertura del 95% del rapporto posti nido/domande, al primo posto tra i Comuni con più di 600 mila residenti. Il numero di assistenze domiciliari, che raggiungono l’1,68% degli ultrasessantacinquenni, rimane in linea con i livelli nazionali, ma lontano dagli standard europei.
Donne che lavorano, assistono e guidano, causando meno incidenti dei piloti maschili (353 contro i 3.645 anno 2007), ma rimanendo più spesso vittime di tali avvenimenti, in quanto pedoni o passeggeri trasportati (rispettivamente per il 52% e il 54%). Donne che dichiarano di aver subìto almeno una volta nella vita una forma di violenza fisica, il 35% delle lombarde, seconde solo alle laziali, 38%; vittime di stalking o ricatti psicologici (18%). Dati numerici da acquisire e “ponderare” con le reali capacità di denuncia di tali fenomeni: chi denuncia è solitamente cittadina italiana (77% dei casi), con età compresa tra i 28 e i 57 anni e un’occupazione lavorativa (62%).
Da segnalare una certa fatica o impossibilità tutta femminile a emergere in ruoli di comando: a livello nazionale basti pensare che sono solo tre i Sindaci di grandi aree metropolitane: Genova, Milano e Napoli, e che nel contesto milanese, pur considerati gli elevati successi scolastici, sono solo quattro su 44 le Facoltà che hanno un Preside donna. E ancora, è donna solo il 12,1% (9,4% nel 2000) del totale dei dirigenti milanesi: dato sul quale soffermarsi se si considera che il capoluogo lombardo rappresenta la realtà più avanzata del Paese, che concentra il 31% di tutti i dirigenti italiani.
Eppure donne manager, impiegate, casalinghe, pensionate, con o senza figli che, intervistate in focus group organizzati da MeglioMilano per suffragare dati quantitativi con percezioni ed esperienze, amano la propria città, ne apprezzano l’offerta culturale e d’intrattenimento, strizzano l’occhio alla mobilità sostenibile e alla solidarietà, cercano nuove relazioni e il recupero delle dimensioni di quartiere, richiedono servizi più funzionali ai tempi concitati della quotidianità e più declinati al femminile. Nelle parole di Alberto Colorni che ha sollecitato e stimolato le interviste: “Una donna su tre ha scelto come regalo a un’amica, rappresentativo di Milano, la possibilità di apprezzarne gli aspetti culturali, fruendo dei trasporti pubblici nel 24% dei casi e attraverso il sorgere di nuove relazioni in un altro 20%. Una su cinque, inoltre, regalerebbe tempo libero per attività ricreative o da dedicare alla formazione e crearsi nuove opportunità sociali o professionali. Sempre dalle interviste, emergono come principali criticità legate alla vita milanese percezioni rispetto alla sicurezza (“necessità di autodifendersi”), alla qualità urbana (“la città è sporca, le persone non sono attente”), scarsità di aree verdi e poca flessibilità di negozi e servizi (“non compatibili con l’attività lavorativa e la cura della famiglia”). Conclude Colorni “E’ necessario valorizzare e potenziare l’esistente e promuovere una conoscenza diffusa delle varie possibilità offerte dal sistema cittadino, studiate anche per far fronte alle richieste e alle aspettative delle donne milanesi”.