Il 18 settembre in Scozia si vota il referendum per l’indipendenza: nel caso vincessero i sì quali sarebbero le conseguenze per Regno Unito, Europa e Italia?
Il 18 settembre si vota per l’indipendenza della Scozia in un referendum molto atteso e non solo nel Regno Unito. Da quella data le cartine d’Europa potrebbero mutare con la divisione nella Gran Bretagna. Gli ultimi sondaggi parlano di un risultato estremamente in bilico e i principali uomini politici del Regno, da Cameron a Clegg, fino al leader dell’opposizione laburista Milliband, stanno facendo una forte campagna elettorale pro-unione.
Il fronte indipendentista è invece guidato dal leader dello Scottish National Party Alex Salmond.
L’attuale situazione amministrativa ed economica in Scozia
Nel caso di vittoria del fronte indipendentista la Scozia dovrebbe dare vita ad uno stato “nuovo”. Mettiamo le virgolette perché la Scozia è già attualmente dotata di un parlamento (dal 1999) che decide su molte materie di politica interna e locale. Il parlamento non è però “sovrano” dato che comunque il parlamento centrale può modificare e anche abolire i campi di decisione che sono stati devoluti alla Scozia. Inoltre per quanto riguarda esercito, politica estera, fisco, welfare non c’è possibilità di intervento.
Dal punto di vista economico per la Scozia un’importante risorsa è quella energetica: il mare del Nord ha corposi giacimenti di petrolio; sviluppato anche il settore del terziario avanzato, il chimico e quello finanziario con Edimburgo che ha alcune delle maggiori istituzioni d’Europa come ad esempio Royal bank of Scotland.
Glasgow invece ha un attivo porto ed è il principale polo manifatturiero.
Scozia indipendente: quali conseguenze per lei e per il Regno Unito
Salmond ha più volte dichiarato che la Scozia rimarrebbe comunque un suddito della regina, quindi probabilmente resterà nel Commonwealth. Ovviamente dovrà costituire suoi organi diplomatici ma vorrebbe mantenere l’utilizzo della sterlina, se non in una vera unione monetaria utilizzando ugualmente la divisa (come fa Panama con il dollaro americano, per intendersi, ma questo non sarebbe una cosa ottimale per lei visto che non avrebbe alcun potere decisionale sulla politica monetaria).
Per essere ammessa all’Unione Europea probabilmente occorrerà l’iter tradizionale, che richiede tempo, perché giuridicamente non è previsto un automatismo di unione per una ragione che diventa indipendente da uno stato già membro.
La gestione del grande patrimonio petrolifero passerà alla nuova Scozia indipendente che si accollerà , in proporzione ai suoi abitanti, anche una parte del debito pubblico del Regno Unito (circa l’8,5%) che sarà comunque in sterline (e questo è un problema nel caso poi la Scozia passasse a una divisa nazionale che si svaluterebbe molto in partenza). Sul piano militare gli indipendentisti scozzesi vorrebbero allontanare dalle loro coste i sottomarini nucleari ma è probabile che il nuovo stato richiederà di essere inserito nella Nato.
E per noi, possibili effetti negativi?
I timori sull’indipendenza scozzese in questi giorni stanno indebolendo la sterlina che già ha un valore molto basso rispetto all’Euro e al dollaro. Con la vittoria del sì alcuni analisti parlano di un deprezzamento di 5-10% del valore della moneta britannica.
Sappiamo che l’attuale Euro molto forte è elemento sfavorevole sul piano delle esportazioni e ciò si aggraverebbe con una sterlina più debole. Effetto importante potrebbe essere una reazione a catena in Europa dove i tanti indipendentismi (in Belgio e Spagna soprattutto) sono molto radicati e potrebbero puntare a separazioni.
Inoltre un Regno Unito privo di scozzesi, tradizionalmente più europeisti degli inglesi, potrebbe essere più vicino ad una futura uscita dalla UE (si parla di un possibile referendum in tal proposito nel 2017). E questo sarebbe molto pesante per l’Ue, con anche in questo caso possibili pericolosi effetti domino (in Francia il Fronte nazionale è apertamente anti-Europa, ad esempio).
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