Ormai è una guerra civile conclamata quella che si sta combattendo in Libia da 18 giorni. Ieri le forze lealiste al regime hanno lanciato una controffensiva che le ha portate a riprendere, almeno parzialmente il controllo di al Zawiayh città a 50 chilometri da Tripoli. Intensi combattimenti, anche nei centri petroliferi di Brega, Ajdabiya e Ras Lanuf. Gheddafi ha lanciato un contrattacco anche sul fronte diplomatico, inviando una lettera alle Nazioni Unite in cui ha chiesto che le sanzioni approvate la scorsa settimana contro Gheddafi e i suoi fedelissimi siano “sospese fino a quando non verrà accertata la verità”. Probabilmente, considerando l’orgoglioso carattere del colonnello al potere da 41 anni, l’aspetto più inquietante per il personaggio è rappresentato dalla terra bruciata che la comunità internazionale sta facendo intorno a lui e ai suoi famigliari e fedelissimi. A queste iniziative, ieri, si è aggiunta l’interpol che ha emanato un’allerta alle polizie mondiali su Gheddafi e altri 15 libici, per denunciare il “pericolo rappresentato dagli spostamenti di questi individui e dei loro asset” e chiedere collaborazione nell’applicazione delle sanzioni.
Pesante il bilancio delle vittime in più parti del paese, soprattutto dove ci sono state le controffensive delle truppe fedeli al rais. Una fonte ospedaliera ha riferito di “numerosi morti e feriti”. Ieri ci sono stati scontri anche a Tripoli, con la polizia che ha usato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, scesi in piazza dopo la preghiera del venerdì. A Bengasi 5.000 persone hanno partecipato alla preghiera, in cui l’imam ha annunciato che “la vittoria è prossima”.
di Redazione
5 marzo 2011