Non è possibile minimizzare l’importanza di questo scrutinio elettorale fissato per domenica 23 ottobre in Tunisia. Non solo è la prima volta che i cittadini di questo paese sono chiamati alle urne, ma saranno le prime elezioni libere nel mondo arabo dal 1950. Certo la situazione resta instabile, i problemi sociali immensi, i cantieri politici e istituzionali innumerevoli; ma questo scrutinio conferma l’ebbrezza e il fermento che si sta vivendo.
Dal 18 dicembre 2010, la data in cui Mohammed Bouazizi si è dato fuoco in un piccolo villaggio dell’entroterra tunisino, un attore che sembrava scomparso dalla scena politica araba da decenni, ha rifatto la sua apparizione: i manifesti esposti da centinaia di migliaia di manifestanti a Tunisi, al Cairo, a Bengasi, a Sanaa, a Damasco, ad Algeri e altrove, testimoniano la volontà del popolo. In pochi mesi i cambiamenti sono stati numerosi, grazie al coraggio dei tunisini. Dopo una lunga discesa all’inferno, dopo la rivolta dei minatori a Gafsa nel 2008, è tutto il popolo che si è sollevato e ha ottenuto la cacciata del dittatore, giocando il ruolo di battistrada per tutta la regione.
Le rivendicazioni sono semplici e chiare, lontane da qualsiasi gergo ideologico e da qualsiasi tentazione demagogica, religiosa o particolare. In un linguaggio semplice e diretto, gli slogan lapidari compaiono ovunque: da una parte, la rivendicazione della libertà politica, dell’alternanza al potere, della fine della corruzione, dello smantellamento degli apparati di sicurezza; dall’altra la domanda di dignità sociale e dunque di possibilità di lavoro e di salari decenti.
E il movimento non si è fermato . “Non ci arrenderemo” gridavano, sei mesi dopo la rivoluzione, gli abitanti di Gafsa, nel momento in cui il dibattito a Tunisi si concentrava sull’avvenire politico che si profilava con delle riforme liberali e politiche di privatizzazione che hanno però mostrato già la loro vanità.
Ciò vuol dire che il cammino della libertà che chiedono il popolo tunisino e altri popoli arabi è ripido e irto di ostacoli. Ma chi avrebbe potuto immaginare che, solo un anno fa, il Nordafrica avrebbe conosciuto un tale scombussolamento?