È stato necessario che l’Onu alzasse la voce e dichiarasse lo stato di carestia in due regioni meridionali della Somalia per attirare l’attenzione del mondo su una della più gravi siccità del Corno d’Africa, che sta mettendo a rischio è la vita di 12 milioni di persone.
Servono 1,6 miliardi di dollari per salvare la Somalia, ha detto il segretario dell’Onu, aggiungendo che: «Adulti e bambini muoiono ogni giorno a un ritmo impressionante, e i ritardi negli aiuti possono causare ulteriori morti».
La prima risposta l’ha data la Fao che ha fissato un vertice di emergenza per lunedì 25 luglio a Roma, tra i ministri dell’Agricoltura del G20 con l’obiettivo di recuperare 120 milioni di dollari necessari per dare una prima boccata d’ossigeno.
La carestia somala colpisce un Paese già al limite. A 20 anni dalla guerra civile, le istituzioni molto fragili e minate dall’attività terroristica di gruppi islamici radicali affiliati di al Shebab e al Qaeda, non hanno mai ricostruito le infrastrutture essenziali del Paese. La mancanza di piogge e l’impennata dei prezzi delle materie prime hanno fatto il resto.
La siccità , oltre la Somalia, ha colpito anche alcune regioni di Kenya, Uganda, Etiopia e Gibuti, e si sta avvicinando pericolosamente all’Eritrea .
Secondo l’organizzazione umanitaria Oxfam una siccità di tale proporzioni in quel pezzo di continente non la si vedeva da 60 anni.
Nel corso della giornata di ieri, è intervenuto anche il segretario di Stato Usa Hillary Clinton che ha promesso, uno stanziamento di 28 milioni di dollari che andranno a sommarsi ai 431 già spesi in aiuti umanitari da inizio anno.
La Gran Bretagna, nelle ultime due settimane, ha stanziato 145 milioni di dollari, mentre l’Unione europea si è impegnata per 8 milioni. Dalla Spagna arriveranno 10 milioni di dollari e dalla Germania altri 8,5 milioni, al contrario della Francia che finora non ha stanziato un dollaro, e di Danimarca e Italia che si sono impegnate per pochi spiccioli.