Mentre il mondo specula sulla possibilità di un intervento militare in Siria, nel paese arabo non cessano i combattimenti. Alle minacce di Francia, Gran Bretagna e Usa, rispondono siriani e iraniani, per bocca dei loro leader. Il presidente siriano Assad, sottolinea oggi in una dichiarzione al giornale libanese Al Akhbar, come un salto di livello del loro conflitto interno, dovuto all’intervento di forze esterne sarebbe una catastrofe per tutto il Medio Oriente già di per se una polveriera, per Israele e per l’Europa.
Se le minacce a Israele sono nell’ordine delle cose per un paese come la Siria che è sempre intervenuta nelle precedenti guerre arabo-israeliane, destano perplessità le minacce fatte all’Europa. A un’analisi meno superficiale però non sfugge il fatto che l’Europa militarmente non fa paura a nessuno, non ha una voce o una politica univoca e si muove sempre in ordine sparso e secondo gli interessi prevalenti, di volta in volta, di Francia, Gran Bretagna e Germania.
Difficilmente le minacce di Assad e dei suoi alleati possono tradursi in azioni di belligeranza frontale nei confronti degli stati europei. Più semplice invece la messa in atto di azioni di terrorismo in più parti del continente, magari quelle meno protette. L’effetto sarebbe sicuramente maggiormente devastante non solo per i danni in termini di vite umane ma anche sulla presione che eserciterebbe sull’opinione pubblica.
Se Francia e Gran Bretagna, indipendentemente da quelle che saranno le conclusioni degli ispettori dell’Onu che stanno indagando sull’uso del gas che ha provocato la strage dello scoso 21 agosto, insisteranno nel voler intervenire, e al momento sembrano più decise a farlo di quanto lo siano gli Usa, per Assad e i suoi alleati, Francia e Gran Bretagna significano Europa, e se dovranno o vorranno colpire, lo faranno indistintamente ovunque in tutto il continente.