Mentre in Senato si discute sulla manovra bis, il Pd presenta il suo decalogo alternativo al governo. “L’Italia di domani. Per il rigore, l’equità e lo sviluppo sostenibile”, è il titolo del programma democratico che spazia tra norme per combattere l’evasione fiscale, a tasse sui grandi patrimoni e la richiesta di sopprimere l’articolo 8 del decreto del governo sulla contrattazione aziendale.
Le proposte del Pd, ha spiegato il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, sono una “manovra responsabile”, che “tiene i saldi”, garantisce “il rispetto degli accordi con l’Ue ma disegna un percorso alternativo per raggiungere l’obiettivo”.
Ecco nel dettaglio le proposte del partito di Bersani per risanare i conti pubblici e dare sostegno alla crescita. Al primo posto del “decalogo” presentato ieri, si trovano interventi per snellire le istituzioni e tagliare i costi della politica. In particolare: “Dimezzamento del numero dei parlamentari; obbligo della gestione associata di tutte le funzioni nei comuni con meno di 5000 abitanti”, mentre la proposta del governo di accorpare i piccoli comuni “limita la rappresentanza democratica e non produce reali risparmi di spesa”. Sulle province, la parola d’ordine del Pd è “dimezzamento o trasformazione in enti di secondo livello”. E ancora: “accorpamento degli uffici periferici dello Stato, riduzione delle società partecipate da Regioni, Province e Comuni, eliminazione degli organi societari per le società ‘in house'”.
Come secondo punto del suo decalogo, il Pd propone “un piano quinquennale di dismissione e valorizzazione di immobili demaniali in partenariato con gli enti locali per almeno 25 miliardi di euro” e l’introduzione di un’asta competitiva per le frequenze televisive, oggi ‘assegnate’ a Rai e Mediaset. Quanto alle liberalizzazioni, il partito di Bersani propone di mettere mano a “servizi professionali, distribuzione dei farmaci, filiera petrolifera, Rc auto, servizi bancari, reti energetiche, servizi pubblici locali”. Il capitolo ‘Politiche industriali per lo sviluppo sostenibile, il lavoro, il Mezzogiorno’ prevede, tra le altre cose, “la stabilizzazione dell’agevolazione fiscale del 55% per l’efficienza energetica (in scadenza al 32/12/2011); progetti per l’innovazione tecnologica italiana e la ricerca, con attenzione prioritaria alle risorse del Mezzogiorno; il finanziamento pluriennale del contratto di apprendistato; revisione dell’intervento sull’Istituto per il Commercio Estero; revisione per la semplificazione e l’adattamento alle diverse dimensioni aziendali del Sistri”.
Contro l’evasione fiscale, la ricetta Democratica prevede “la riduzione dei contributi sociali sui contratti a tempo indeterminato al fine di eliminare i vantaggi di costo dei contratti precari; riduzione dell’Irpef, in via prioritaria sulle mamme lavoratrici; graduale eliminazione del costo del lavoro a tempo indeterminato dalla base imponibile dell’Irap”. E poi: “tracciabilità, a fini anti-riciclaggio, dei pagamenti superiori a 1.000 euro e, a fini anti-evasione, dei pagamenti superiori a 300 euro; comunicazione da parte delle imprese dell’elenco clienti-fornitori; parziale o totale deducibilità delle spese per la manutenzione della casa di abitazione”.
Il Pd poi pensa all’introduzione di una imposta ordinaria sui grandi valori immobiliari, basata su criteri fortemente progressivi, e di una “imposta patrimoniale una tantum del 15% sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e condonati attraverso lo scudo fiscale del 2003 e del 2009”. Inoltre, “a titolo di saldo del debito fiscale, una “tassa del 30% sui patrimoni ‘non scudati’ detenuti nei paradisi fiscali”. Il ricavato andrebbe a finanziare parte del debito delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle piccole e medie imprese.
Tra le ultime proposte, quella di sopprimere dell’articolo 8 della manovra sulla contrattazione aziendale o quanto meno di rendere compatibile con l’accordo raggiunto da Cgil, Cisl e Uil e Confindustria il 28 giugno scorso. Infine, la anti-manovra del Pd propone di rivedere le norme sulle “‘false comunicazioni sociali’ affinché il ‘falso in bilancio’ torni ad essere reato punito severamente” e conta di ricavare altre risorse dalla giustizia, razionalizzando “le circoscrizioni giudiziarie”.