Il Nobel per la Pace 2011 si e’ tinto di rosa con tre donne insignite del prestigioso premio. Si tratta della presidente liberiana Ellen Johnson-Sirleaf, la connazionale pacifista Leymah Gbowee e il ‘volto’ della rivolta yemenita, Tawakkul Karman. La Commissione di Oslo ha scelto di premiarle per “la loro battaglia non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti delle donne alla piena partecipazione all’impegno per la costruzione della pace”.
Molti esperti avevano predetto che la Primavera Araba sarebbe stato il tema favorito di quest’anno; analogamente le protagoniste della battaglia femminile per la pace e le pari opportunita’ in Africa erano indicate fra le ‘papabili’.
In particolare molti attendevano un tributo alla ‘pioniera’ Ellen Johnson-Sirleaf, divenuta nel 2005 prima donna eletta alla guida di uno Stato africano, la Liberia, dopo aver battuto l’ex idolo del Milan, George Weah.
Temperamento battagliero, tanto da essere ribattezzata la Lady di Ferro liberiana, madre di quattro figli e nonna di sei nipoti, la sua scalata nella stanza dei bottoni ha spalancato le porte all’impegno femminile nel Continente Nero, spingendo moltissime altre donne a candidarsi alle elezioni.
Economista formatasi a Harvard, ex ministro delle Finanze, appena arrivata alla presidenza, dopo 14 anni di guerra civile, ha dichiarato una lotta senza quartiere alla piaga della corruzione. La Commissione l’ha premiata per aver “contribuito a pacificare la Liberia, promuovendo lo sviluppo economico e sociale e rafforzando la posizione delle donne”. Un riconoscimento che giunge a pochi giorni dalle presidenziali liberiane, per cui la ‘Thatcher africana’ corre per un secondo mandato.
Meno atteso, invece, il premio per la compatriota Leymah Gbowee, attivista che si e’ battuta, insieme a molte altre donne, a favore della pace. “Questa non e’ una tradizionale storia di guerra”, aveva scritto nella sua autobiografia, il cui titolo e’ davvero significativo: “Mighty be our powers: how sisterhood, prayer and sex changed a Nation at war” (Grandi siano i nostri poteri: come la sorellanza, la preghiera e il sesso hanno cambiato un Paese in guerra).
E’ la storia di “un esercito di donne” e di come “abbiamo trovato la limpidezza morale, la perseveranza e il coraggio di alzare le nostre voci contro la guerra e riportare la sicurezza nella nostra terra”, spiega nel volume la rossa avvocato, che non ha esitato a indire nel 2002 uno sciopero del sesso – a cui presero parte cristiane e musulmane – che costrinse l’allora presidente Charles Taylor ad ammettere il suo movimento ‘rosa’ al tavolo dei negoziati di pace in Ghana.
Infine il tributo al volto della protesta in Yemen, all’attivista 32enne Tawakkul Karman, che ha dedicato il premio a “tutti gli attivisti della Primavera araba” e lo ha definito un vittoria della “rivoluzione yemenita e del suo carattere pacifico”. “E’ il riconoscimento, da parte della comunita’ internazionale, della nostra rivoluzione e della sua inevitabiloe vittoria”. Molti esperti avevano predetto un omaggio alle protagoniste della Primavera araba ma i nomi piu’ gettonati erano quelli dell’egiziana Esraa Abdel Fattah e della blogger tunisina Lina Ben Mhenni.
Ma la Commissione di Oslo ha preferito premiare – inviando un evidente messaggio politico – una delle icone di una rivolta ancora in corso (i morti in Yemen crescono ogni giorno e il presidente Ali Abdullah Saleh e’ ancora al potere). Madre di tre figli e giornalista, Tawakkul ha trascorso mesi nella Piazza del Cambiamento di Sanaa, invocando liberta’ e democrazia per lo Yemen. Arrestata a gennaio, era stata successivamente scarcerata sotto la pressione delle migliaia di manifestanti scesi in strada per chiedere la sua liberazione. È la prima donna araba ad essere insignita del Premio Nobel per la Pace.