Un fenomeno certificato da un’indagine fatta da ‘Save the Children’. Fra le giovani gestanti, 2.500 sono minorenni. Dati che hanno aperto molti interrogativi. I sociologi, ora, stanno riflettendo se questa tendenza dipenda dall’incapacità della società nel fornire ai ragazzi un’educazione sessuale adeguata o da un nuovo orientamento generazionale. Scandagliando meglio le cifre, comunque, si vede che il primato delle baby-mamme spetta alle italiane (82%) e, non a caso, al Sud Italia e alle Isole (71%), dove i bambini nati da mamme minorenni rappresentano il 3% del totale delle nascite e l’età media in cui le giovani partoriscono un bambino è di 16-17 anni. Il Meridione, quindi, in quest’ambito paga ancora lo scotto di un’arretratezza economica e culturale non del tutto svanita rispetto al Nord. Sempre secondo i dati dell’indagine, infatti, circa il 60% delle mamme-ragazzine ha un marito o compagno di solito poco più grande di loro (tra i 18 e i 21 anni), in poche lavorano (solo il 19%) e molte hanno lasciato gli studi, addirittura la scuola dell’obbligo. Gli esperti di “Save the Children”, con riferimento al caso italiano, mettono in guardia dal rischio che, in un Paese come il nostro, “ai primi posti in Europa per le mamme over 40 e dove l’età media del primo figlio si sposta progressivamente in avanti, il fenomeno delle mamme adolescenti rimanga invisibile”. Si tratta, invece, avvertono, “di mamme che incontrano problemi aggiuntivi e specifici rispetto a quelli che hanno comunemente le madri in Italia e devono affrontarli in assenza di una rete consolidata di servizi e di interventi di sostegno”. Dalle pagine del Rapporto, infatti, emerge che “per molte giovani mamme la nascita di un figlio comporta l’interruzione dei percorsi scolastici, l’abbandono delle relazioni con i coetanei (non di rado anche di quelle con il padre del bambino) e una difficoltà profonda nell’individuare strade di inserimento sociale e lavorativo per il futuro”. La soluzione, però, non può risiedere solo nell’aiuto della famiglia d’origine, che in molti casi ha un ruolo fondamentale, perché “se da un lato questo legame rappresenta un sostegno indispensabile nel percorso di crescita dei due minori, mamma e bambino, dall’altro, come sottolineano gli operatori dell’associazione, esso tende ad assumere talvolta un ruolo dominante e a complicare il percorso di raggiungimento di un’autonomia”. La società con dei servizi ad hoc e le istituzioni hanno, dunque, un ruolo determinante in quest’ambito.
di Paola Benedetta Manca
24 maggio 2011