Deputati e senatori dovevano tagliarsi lo stipendio entro il 31 dicembre. Poi il rinvio per attendere i risultati della commissione Giovannini, incaricata di paragonare le entrate degli eletti italiani (oltre 16mila euro al mese lordi) con quelle degli altri Paesi europei.
Ora, a scadenza giunta: il 31 gennaio, la Camera ha messo mano agli stipendi con due novità, la prima è che i deputati, e tutti i dipendenti passeranno al regime pensionistico contributivo, come il resto degli italiani, e non potranno percepire la pensione, il cosiddetto vitalizio, dai cinquant’anni di età, ma almeno dai sessanta. La seconda da un taglietto del 10% dell’indennità di ruolo a tutti coloro che rivestono un ruolo istituzionale, dal presidente della Camera, ai questori, ai presidenti di commissione.
Parlando con i giornalisti, il vicepresidente della Camera Rocco Buttiglione ha annunciato un taglio di «1.300 euro lordi, circa 700 euro netti» alle entrate di tutti i deputati. Ma questa riduzione riguarda le entrate aggiuntive che sarebbero scattate con la riduzione dei contributi determinata dalla fine del regime del vitalizio. Con il passaggio al sistema contributivo, ogni deputato avrebbe avuto in busta circa 6-700 euro netti in più. Ma un aumento dell’indennità sarebbe risultato molto sgradevole per gli italiani. Si è deciso quindi di congelare questo denaro in un fondo. Successivi provvedimenti ne determineranno l’utilizzo. L’indennità risulta comunque al momento invariata.
Quindi, a parte la modifica del sistema pensionistico, le entrate del deputato sono toccate, ma non nell’entità, solo nella parte inerente ai collaboratori. Con il passaggio al sistema contributivo, ha spiegato ancora Buttiglione, «i parlamentari percepiranno una pensione che è poco più della metà di quella attuale». L’accesso alla pensione scatta all’età di sessantacinque anni con un periodo contributivo minimo di 5 anni. Per ogni anno di mandato ulteriore, l’età è diminuita di un anno, ma rispettando sempre il tetto minimo dei sessant’anni.
Ora, a scadenza giunta: il 31 gennaio, la Camera ha messo mano agli stipendi con due novità, la prima è che i deputati, e tutti i dipendenti passeranno al regime pensionistico contributivo, come il resto degli italiani, e non potranno percepire la pensione, il cosiddetto vitalizio, dai cinquant’anni di età, ma almeno dai sessanta. La seconda da un taglietto del 10% dell’indennità di ruolo a tutti coloro che rivestono un ruolo istituzionale, dal presidente della Camera, ai questori, ai presidenti di commissione.
Parlando con i giornalisti, il vicepresidente della Camera Rocco Buttiglione ha annunciato un taglio di «1.300 euro lordi, circa 700 euro netti» alle entrate di tutti i deputati. Ma questa riduzione riguarda le entrate aggiuntive che sarebbero scattate con la riduzione dei contributi determinata dalla fine del regime del vitalizio. Con il passaggio al sistema contributivo, ogni deputato avrebbe avuto in busta circa 6-700 euro netti in più. Ma un aumento dell’indennità sarebbe risultato molto sgradevole per gli italiani. Si è deciso quindi di congelare questo denaro in un fondo. Successivi provvedimenti ne determineranno l’utilizzo. L’indennità risulta comunque al momento invariata.
Quindi, a parte la modifica del sistema pensionistico, le entrate del deputato sono toccate, ma non nell’entità, solo nella parte inerente ai collaboratori. Con il passaggio al sistema contributivo, ha spiegato ancora Buttiglione, «i parlamentari percepiranno una pensione che è poco più della metà di quella attuale». L’accesso alla pensione scatta all’età di sessantacinque anni con un periodo contributivo minimo di 5 anni. Per ogni anno di mandato ulteriore, l’età è diminuita di un anno, ma rispettando sempre il tetto minimo dei sessant’anni.