Newsweek di questa settimana ha dedicato la copertina a George Clooney. Che c’è di strano potrebbe chiedersi qualcuno, in realtà , il motivo questa volta non ha nulla a che fare con la sua professione di attore ma, con il suo impegno a favore del Sudan e descrivere quello che Clooney fa per aiutare i ribelli che combattono, in una guerra civile che dura da 20 anni, l’autoritario governo islamico di Khartum.
L’impegno di George, iniziato nel 2005 dopo un viaggio in Africa col padre giornalista, è stato efficace per portare questo conflitto all’attenzione internazionale, prima mediatica e poi politica.
È lo stesso attore, consapevole della sua posizione privilegiata, a dire: «Il mio lavoro è amplificare la voce del tizio che vive qui e che ha paura che sua moglie e i suoi figli possano essere trucidati. Se mi trova e mi chiede “Hai un grosso megafono?”, io rispondo “Sì”. “Hai una montagna abbastanza alta da cui posso urlare?”, “Certo, ho una montagna decisamente alta”. “Mi faresti un favore, urleresti per me?”. Non posso che rispondere “Certo”.»
L’impegno di Clooney per il Sudan, a differenza di tante altre star di Hollywood che si coinvolgono in qualcosa più grande di loro per poi mollare alle prime difficoltà , è concreto e lo ha portato ad incontrare Obama, all’Onu e addirittura a comprare un satellite puntato perennemente sul Sudan. Periodicamente pubblica sul suo sito SatSentinel le foto scattate dall’apparecchio, sottolineando quelli che possono sembrare movimenti sospetti di mezzi militari, campi improvvisati e scavo di trincee. L’obiettivo è evitare che al risultato del recente referendum che, ha visto la sconfitta del governo di Khartum, facciano seguito nuovi scontri sanguinari.
E a chi gli chiede se vuole scendere in politica risponde: «Non ho vissuto la mia vita nel modo giusto per fare politica – dice. – Sono stato a letto con troppe donne e mi sono fatto di troppe droghe, è la pura e semplice verità ».
di Redazione
27 febbraio 2011